Alloggi e appartamenti ad Alberobello tra storia e tradizione
All’inizio del XVII secolo per aggirare le tasse sulle costruzioni, imposte dagli spagnoli, gli abitanti di Alberobello iniziarono a fare case in pietra a secco così che, in caso di ispezioni, sarebbe stato rapido demolirle per poi rifarle. Si dice nacquero così i trulli. La meraviglia di Alberobello, che oggi si potrebbe definire un ottimo esempio di abusivismo edilizio programmato, si perpetuò nel tempo. La tecnica della costruzione a secco, pietra su pietra, nella forma del trullo, si consolidò e si estese alle contrade limitrofe.
Soggetta a vincolo monumentale fin dagli anni ’30 del Novecento, la cittadina si fregia oggi del titolo di sito Patrimonio dell’Umanità, conferito dall’Unesco, oltre che naturalmente essere Bandiera arancione. Tanta fama ha creato qualche frizione nel delicato equilibrio fra conservazione e frequentazione turistica, davvero massiccia, così che Alberobello risulta essere un interessante esperimento di convivenza fra interessi che dovrebbero alimentarsi l’un con l’altro.
Cosa fare, cosa vedere: cosa visitare ad Alberobello
La visita può iniziare dal rione Monti, che conta la bellezza di oltre mille trulli di ogni specie e dimensione. Si procede dall’alto della collina fino a scendere nella ‘lama’ che divide in due la cittadina. Subito sorprende, in piazza Lippolis, la chiesa-trullo, intitolata a S. Antonio. Non è antica, risale al 1927, e fu realizzata a imitazione dell’architettura locale. Oltre la chiesa inizia la discesa per via Monte Pertica, attraverso due schiere continue di trulli. Largo Martellotta è il fondo della ‘lama’.
Sull’altra pendice si erge il centro storico di Alberobello. Vi sono gli edifici ottocenteschi che segnarono l’affrancamento della cittadina dal giogo feudale degli Acquaviva. Il rione Aia Piccola è un altro concentrato di trulli. In piazza XXVII Maggio si trova il Museo del Territorio, un agglomerato di trulli i più antichi dei quali risalgono al XVIII secolo. Dopo aver apprezzato il Palazzo municipale (1863) si può risalire il rettilineo corso Vittorio Emanuele II, abbellito da palazzi ottocenteschi. Sul fondale del corso si staglia la Parrocchiale, edificio composito del 1885. Sembra a questo punto di aver esaurito la visita della cittadina, ma un altro monumento invece si svela.
Si tratta del Trullo Sovrano, risalente al 1700, forse l’icona più nota di Alberobello. È un raro trullo a due piani con la cupola più alta che raggiunge 14 m d’altezza. Sebbene atipico rispetto ad altri, la sua visita fa conoscere i vari ambienti interni con ingegnose soluzioni funzionali ed espedienti difensivi nel caso che il trullo fosse minacciato da nemici. Casa d’Amore Dal nome del proprietario, fu il primo edificio eretto, nel 1797, ad Alberobello con calce e malta cessando così la consuetudine della costruzione a secco. Museo del Territorio Per scoprire la cultura e le tradizioni locali e in particolar modo i segreti e le tecniche di costruzione dei trulli.
Informazioni utili per visitare Alberobello
Metri 428 • Abitanti 10745 • Bari 55 km • Ecotour Treno fino a Bari (www.trenitalia.com) poi treno (Ferrovie del Sud Est e servizi automobilistici, www.fseonline.it)
• Info Iat, via Monte Nero 3, tel. 0804322060, www.comunealberobello.gov.it
Affitto Trulli di Alberobello: curiosità e cose da sapere
I trulli, i caratteristici edifici con il tetto a cono, sono diffusi in diverse zone della Puglia. Ma Alberobello è la loro “capitale”. Il centro storico del borgo in Val d’Itria ne conta più di 1.500 e per il suo straordinario valore storico, culturale e architettonico è stato proclamato Patrimonio dell’umanità dall’Unesco.
Il Rione Monti è quello dove si trova la maggiore concentrazione di trulli, ma anche il più turistico. Invece, il Rione Aia Piccola è ancora in buona parte abitato da alberobellesi e ha conservato l’atmosfera più vera e tradizionale del posto.
Intorno sorge l’abitato più recente, che ha conosciuto un forte sviluppo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, con la costruzione di diversi palazzi. I nuovi edifici non hanno nulla da spartire con i trulli, ma sono ornati con curiosi fregi e decori “scaramantici”, che rappresentano un’altra parte importante della storia e delle tradizioni locali.
Alberobello e i suoi trulli sono custodi di un passato affascinante e non così lontano. Se volete saperne di più, qui trovate 8 curiosità sulle origini, l’architettura e gli aspetti più peculiari e caratteristici delle costruzioni con il tetto a cono. E non solo.
1. Un nome discusso
Perché Alberobello si chiama così? La questione tiene banco da tempo e le teorie avanzate per dare una risposta alla domanda sono diverse.
Un’ipotesi suggerisce che il toponimo derivi dalla locuzione latina “arbor belli”, che significa “albero della guerra”. Dunque, Alberobello si chiamerebbe così per via di una battaglia combattuta nei pressi di un albero, probabilmente imponente.
Un’altra sostiene invece che il nome non avrebbe origini latine, ma sarebbe una “storpiatura” di quello con cui era conosciuta la zona nell’antichità. Ovvero, Silva Arborelli. Una serie di trascrizioni sbagliate e la suggestione esercitata dalla bellezza dei boschi millenari avrebbero portato progressivamente alla grafia e al toponimo Alberobello.
Ma a quanto sembra, entrambe le ipotesi avrebbero dei punti deboli e la spiegazione sarebbe ancora diversa. Secondo una nuova e (pare) fondata teoria, il toponimo Alberobello non sarebbe altro che l’attestazione di un modo di chiamare la zona per via di un “albero bello” (probabilmente una quercia) che cresceva da quelle parti.
2. Un’architettura unica
Alcuni storici ritengono che i trulli siano arrivati in Italia dal Medioriente. Altri ipotizzano che abbiano un’origine autoctona, per evoluzione delle antiche capanne preistoriche. Quello che è certo è che presentano un’architettura unica e sono un antico esempio di unità modulare costruita a secco (ovvero, senza l’uso di leganti come la malta).
I trulli più vecchi hanno pianta quadrata e i più recenti rotonda, ma tutti presentano spesse pareti di pietra calcarea. I muri sono caratterizzati da un’intercapedine riempita con pietrisco e terriccio e reggono una copertura a pseudocupola autoportante. Il tetto a cono è formato da anelli concentrici di pietre (conci) via a via più piccoli e aggettanti e culmina in un pinnacolo.
I trulli hanno di solito un unico ingresso e una o poche piccole aperture quadrate a uso finestra. I più antichi erano composti da un solo ambiente. Ma con il passare del tempo e il mutare della realtà sociale ed economica hanno iniziato a comparire trulli a più vani.
3. Un’abitazione… abusiva
Il dibattito sull’origine dei trulli è apertissimo, ma sembra proprio che quelli di Alberobello siano sorti per… non pagare le tasse!
Nel XV secolo, nel Regno di Napoli vigeva la “Pragmatica de Baronibus”, una legge che imponeva ai signori il versamento di un tributo per ogni nuovo insediamento urbano. Ma i Conti di Conversano, gli Acquaviva d’Aragona, non avevano intenzione di pagare alcunché per quello che stava nascendo sul fondo che possedevano dove oggi sorge Alberobello.
Per aggirare l’editto reale, i conti hanno ordinato ai contadini di edificare abitazioni per sé e ricoveri per le bestie e gli attrezzi senza utilizzare la malta. Le costruzioni a secco erano considerate “temporanee” e sfuggivano all’odiato balzello. Non solo. Nel caso di un controllo da parte dei “regi ispettori”, potevano essere “disfatte” rapidamente e poi ricostruite.
I trulli si sono rivelati la soluzione ideale. Le pietre di cui sono fatti provenivano dallo “spietramento” dei campi o dallo scavo dei pozzi. La struttura a base quadrata o rotonda e l’altezza contenuta garantivano stabilità anche senza leganti. E il caratteristico tetto a cono aggirava l’uso della malta con un’ingegnosa struttura autoportante.
4. Un trullo siamese per un triangolo amoroso
Ad Alberobello esiste un “trullo siamese” con tetto a doppio cono e due ingressi separati che affacciano su strade diverse. La costruzione è bizzarra e sulla sua origine circola una storia che mescola amore, gelosia e tradimento.
La tradizione racconta che tutto ha avuto inizio quando un padre ha deciso di lasciare in eredità il suo (normalissimo) trullo ai due figli. I fratelli sono andati a viverci insieme, ma ben presto hanno iniziato a litigare per una giovane donna.
Tra i tre è sorto un vero e proprio triangolo e la situazione è diventata insostenibile. Ma nessuno dei fratelli voleva rinunciare alla proprietà del trullo. Così hanno avuto l’idea di dividere l’abitazione paterna in due parti e di rendere ciascuna indipendente.
5. Il sovrano dei trulli
Basta vederlo per capire perché viene chiamato così. Il Trullo sovrano non è solo il più grande tra quelli di Alberobello, ma anche l’unico a due piani. Inoltre, è stato uno dei primi a essere realizzato con la malta.
L’imponente edificio risale alla prima metà del XVIII secolo e presenta una cupola centrale di 14 metri, che svetta su dodici di dimensioni minori. Il Trullo sovrano è altresì detto Corte di Papa Cataldo, perché è stato a lungo di proprietà della famiglia del sacerdote Cataldo Perta, che probabilmente l’ha anche costruito.
Tra le (altre) caratteristiche che rendono unico il Trullo Sovrano ci sono il frontone triangolare del prospetto che si eleva fino al primo piano, il soffitto a volta della sala principale (al posto del consueto solaio in legno) e la scala interna. Quest’ultima conta 23 gradini ed è stata ricavata nello spessore del muro tra la sala e la cucina.
Nel corso dei secoli, il Trullo sovrano è stato adibito a diversi usi. Oltre che abitazione e corte, è stato utilizzato come cappella e cenobio, ha accolto le reliquie dei santi Cosma e Damiano ed è stato sede della Confraternita del Santissimo Sacramento. Ha anche ospitato la prima farmacia di Alberobello.
Il Trullo sovrano è stato proclamato Patrimonio nazionale nel 1923 e dal 1994 è una “casa museo” che offre una straordinaria testimonianza della società e delle tradizioni della Valle d’Itria.
6. Tetti parlanti
I tetti dei trulli parlano. Non in maniera letterale, ma presentano una serie di simboli che hanno diversi significati. I segni tracciati con la calce bianca sulle “chiancarelle” (le lastre di pietra della copertura) sono i più evidenti e famosi. Ma anche i pinnacoli non sono casuali.
Gli elementi che svettano in punta ai trulli sono composti da quattro parti. Quella a contatto con il tetto è una struttura di raccordo. Le altre sono in pietra e possono avere forme diverse. Dal basso verso l’alto si susseguono il cannarile (un cilindro o un tronco di cono), la carrozzola o scodella (un parallelepipedo o una semisfera) e la cocla (una sfera, un poliedro con una croce, un cono o una stella).
Alcuni studiosi pensano che i pinnacoli siano la firma del costruttore del trullo (il “trullaro”) o un semplice elemento decorativo. Ma altri ritengono che i vari elementi che li compongono abbiano singolarmente e nel loro insieme una valenza scaramantica e beneaugurante magica o religiosa.
Un analogo discorso vale per i simboli eseguiti con la calce sui tetti. In base a una classificazione effettuata nel 1940, sulle coperture dei trulli si distinguono segni primitivi, magici, pagani, cristiani, ornamentali e grotteschi. L’usanza ha perso con il tempo il suo significato più profondo, ma gli abitanti di Alberobello continuano a tracciare i misteriosi segni sui trulli perché la tradizione non vada dimenticata.
7. Antichi riti scaramantici
Facce con la lingua di fuori, demoni che sogghignano, uomini con grandi baffi, busti e teste di donna, scimmie, falconi e non solo. I palazzi costruiti ad Alberobello tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento sono decorati con una moltitudine di fregi bizzarri.
Le figure e i volti umani, animali e antropomorfi sono maschere apotropaiche e appartengono a una tradizione che affonda le sue radici nell’antichità. La parola “apotropaico” deriva dal verbo greco “apotropein”, che significa “allontanare”, ed esprime il concetto di “tenere a distanza” le avversità, il malocchio e gli influssi maligni.
Le sculture sono in pietra, hanno dimensioni contenute e adornano porte e portoni, balconi, scalinate, architravi, stipiti e mensole. Gli scalpellini che le hanno realizzate sono sconosciuti, ma le loro opere dimostrano una pregevole maestria.
Le facce con la lingua di fuori (lunghissima) e i busti e le teste di donna sono tra le maschere apotropaiche che ricorrono più spesso tra quelle di Alberobello. Le prime servono a tenere lontane le malelingue e i pettegolezzi. Le figure femminili, invece, sono chiamate “fate” e proteggono la casa e la famiglia.
8. Un cartone animato tra i trulli (e non solo)
La realtà non di rado supera la fantasia, ma più spesso la ispira. I trulli di Alberobello sono diventati un villaggio incantato in una serie animata creata da due sorelle pugliesi, Fiorella e Maria Elena Congedo. Trulli Tales – Le avventure dei Trullalleri racconta le avventure di quattro maghetti cuochi che devono proteggere uno speciale ricettario magico.
Il cartoon è stato tradotto in 25 lingue e in Italia è stato trasmesso su Disney Junior e Rai Yoyo. Ma non è l’unica incursione di successo di Alberobello e delle sue caratteristiche abitazioni nell’universo dei media. Il borgo in Val d’Itria ha fatto da sfondo anche al film Che bella giornata di Checco Zalone e alla longeva soap opera Beautiful.
Più indietro nel tempo, Alberobello è stato uno dei set prediletti dal cinema neorealista ed è apparso in alcune produzioni straniere. Inoltre, il Trullo sovrano è stato usato come ambientazione da Mario Monicelli per girare alcune scene di Casanova ’70 con Marcello Mastroianni.