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6 Labirinti di siepi da visitare in Italia

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Il labirinto ha origini antichissime e affascina gli uomini da sempre, come provano i numerosi miti che ne parlano. Il più famoso è probabilmente quello di Arianna, Teseo e del Minotauro, una creatura metà uomo e metà toro che viveva nel labirinto costruito da Dedalo (da cui deriva il termine “dedalo” per indicare un percorso involuto e tortuoso). Teseo ha ucciso il mostro e ha ritrovato la strada per uscire grazie a un gomitolo di filo datogli da Arianna.

In epoca medievale il labirinto ha assunto una connotazione mistica e religiosa, diventando una metafora del cammino dell’uomo verso Dio, e poco alla volta ha iniziato a prendere piede una valenza ludica e di svago. Questi due significati così diversi hanno trovato entrambi spazio nella moda dei labirinti di siepi o labirinti vegetali che si è affermata tra il XV e il XVI secolo. Di pari passo, la nuova tendenza ha segnato la rinascita della ars topiaria dell’Antica Roma, ovvero la pratica di potare alberi e arbusti per dare loro una forma geometrica.

I nobili italiani hanno ingaggiato architetti e giardinieri per costruire i loro labirinti e lungo lo Stivale sono apparsi diversi “dedali verdi”. Alcuni hanno superato indenni (o quasi) i secoli e sono diventati dei veri e propri monumenti vegetali, come il Labirinto di Villa Barbarigo e il Labirinto di Villa Pisani

I dedali verdi hanno ceduto il passo al giardino formale o giardino all’italiana, ma non sono mai scomparsi del tutto e sono tornati di moda in epoca contemporanea. Il Labirinto di Borges nella Laguna di Venezia e il Labirinto della Masona a Parma sono due esempi di dedali vegetali recenti molto famosi (oltre che di grande bellezza). 

I labirinti di siepi sono di diversi tipi. Durante il Rinascimento erano particolarmente diffusi quelli “multicursali” o “pluriviari”, ovvero formati da un complesso intreccio di sentieri disseminato di trabocchetti e vicoli ciechi. Invece tra quelli moderni se ne trovano anche del tipo “unicursale” o “univiario”, in cui un percorso lungo e complicato ma privo di false piste conduce inevitabilmente al centro. Il labirinto unicursale è anche detto labirinto classico e le sue origini risalgono alla preistoria.

Se volete provare a perdervi (e ritrovarvi) tra muri di siepi verdi, qui sono indicati 6 dei più suggestivi labirinti vegetali in Italia

1. Labirinto del Parco Giardino Sigurtà (Veneto)

C’è (anche) il più celebre “maze designer” al mondo dietro al progetto del Labirinto del Parco Giardino Sigurtà di Valeggio sul Mincio. Adrian Fisher ha collaborato con il conte Giuseppe Inga Sigurtà alla realizzazione del dedalo verde, suggerendo alcune modifiche all’idea originale del proprietario del parco. 

Il risultato è un labirinto di siepi alte più di 2m, che disegnano un intricato percorso al centro del quale sorge una piccola torre con una cupola rivestita di rame. L’edificio è ispirato a quello che si trova nel Parco di Bois de Boulogne di Parigi e offre una vista “rivelatrice” sulle geometrie che definiscono il tracciato vegetale di viottoli, svolte e vicoli ciechi. 

Il labirinto è stato inaugurato nel 2011, dopo due anni di progettazione e quattro di crescita delle piante. I 1.500 arbusti di tasso (Taxus baccata) che formano le siepi provengono tutti dalla stessa piantagione e sono stati acquistati in un vivaio specializzato al confine tra Olanda e Belgio. 

Il dedalo di Valeggio sul Mincio occupa una superficie rettangolare di 2.500 m2 ed è un vero e proprio “rompicapo”, ma chi non vuole affrontare la sfida dei suoi sentieri può percorrere una “scorciatoia” che dall’ingresso conduce in linea retta alla torre.

Adrian Fisher ha dichiarato che il Labirinto del Parco Giardino Sigurtà “è uno dei cinque più incantevoli al mondo” e il conte Giuseppe Inga Sigurtà ha spiegato in una intervista alla Gazzetta di Mantova che la filosofia del progetto rispecchia il suo modo di affrontare la vita: “Per risolvere l’enigma del percorso occorre raggiungere il punto più distante. In altre parole, senza sacrifici e voglia di fare non si possono ottenere i risultati che si desiderano”. 

2. Labirinto di Villa Barbarigo (Veneto)

Il Labirinto di Villa Barbarigo è un maestoso esempio di ars topiaria e una sfidante prova di orientamento. Ma è anche (soprattutto) una tappa cruciale nel percorso salvifico simboleggiato dal Giardino Monumentale di Valsanzibio.

Il parco vicino a Padova è stato realizzato dal cardinale e consigliere papale Gregorio Barbarigo (proclamato santo nel 1960) per onorare un voto fatto dal padre, Francesco Zuane Barbarigo. Dopo la morte della moglie a causa della peste nera che flagellava l’Europa, l’uomo ha promesso a Dio che avrebbe eretto un’opera monumentale se il resto della sua famiglia fosse stato risparmiato. 

La prematura scomparsa ha impedito a Francesco Zuane di adempiere il suo voto, ma Gregorio (insieme al fratello Antonio) ha portato avanti il progetto del padre e ha costruito un giardino simbolico che rappresenta l’iter perfectionis dell’uomo attraverso l’uso di piante, fiori, statue, fontane ed elementi architettonici. 

Il Labirinto di Villa Barbarigo, come il resto del Giardino Monumentale di Valsanzibio, è stato progettato dall’architetto e fontaniere pontificio Luigi Bernini (fratello di Gian Lorenzo) ed è un susseguirsi di trivi e quadrivi che definiscono un percorso allegorico “dall’Errore alla Verità, dall’Ignoranza alla Rivelazione”.

Per trovare la soluzione bisogna superare le sette vie trabocchetto che rappresentano i vizi capitali e una serie di false scorciatoie che allungano il cammino e fanno perdere l’orientamento. Il “premio” alla fine del peregrinare è l’osservatorio dal quale si ha una vista chiara della strada percorsa e di quella da percorrere. Proprio come accade nella vita reale.

I lavori del labirinto sono iniziati nel 1664 e sono durati cinque anni. Per dare forma al dedalo vegetale, uno dei più antichi d’Europa, sono state utilizzate 6mila arbusti di bosso (Buxus sempervirens) e molte delle piante attuali sono quelle originali. 

3. Labirinto di Borges sull’Isola di San Giorgio (Veneto)

"È un enorme indovinello, o parabola, il cui tema è il tempo”. Il Labirinto di Borges sull’Isola di San Giorgio è una testimonianza materiale del “realismo magico” del grande scrittore argentino. Il dedalo formato da 3.200 piante di bosso ((Buxus sempervirens) è ispirato al romanzo Il giardino dei sentieri che si biforcano ed è stato realizzato nel 2011 a partire da un progetto del diplomatico britannico e “labyrinthologist” Gilbert Randoll Coate.

Il famoso “maze runner” era un amico personale di Jorge Luis Borges e ha regalato allo scrittore il disegno originale negli anni ’80. Alla morte di Borges, Coate ha fatto diventare il progetto realtà e ha realizzato un labirinto di siepi di bosso nella città di San Rafael, in Argentina. 25 anni dopo, ha portato la sua opera al di là dell’oceano e ha replicato il dedalo verde negli Spazi della Fondazione Cini nella Laguna di Venezia.

Il Labirinto di Borges è stato visibile esclusivamente dall’alto fino a giugno 2021, quando è stato aperto per la prima volta al pubblico in concomitanza di un triplice anniversario: i 10 anni della costruzione, i 35 anni della morte di Borges e i 70 anni della Fondazione Cini. La visita (che deve essere prenotata) permette di percorrere i sentieri tracciati da Coate ed è accompagnata da una colonna sonora scritta per l’occasione dal musicista e compositore di fama internazionale Antonio Fresa.

Walking the Labyrinth è una suite in quattro movimenti che racconta lo scorrere dell’esistenza a partire dalla fine, “attraverso l’evaporazione, la solidità, il caos e l’origine della vita”, ed è eseguita dall’Orchestra del Teatro La Fenice e dal maestro di bandoneón (un particolare tipo di armonica che si suona nel tango) Ninon Valder. La suite accompagna il percorso di visita delle audio guide multilingue curato dalla società D’Uva di Firenze.

4. Labirinto di Villa Pisani (Veneto)

Gabriele D’Annunzio parla del Labirinto di Villa Pisani nel romanzo Il fuoco e lo descrive come un “gioco fallace composto da un giardiniere ingegnoso per il diletto delle dame e dei cicisbei nel tempo dei calcagnini e dei guardinfanti”. In effetti, il dedalo verde della Riviera del Brenta è considerato essenzialmente un “labirinto d’amore”, un divertissement dove nobildonne e cavalieri indugiavano al gioco del corteggiamento.  

A costruirlo tra il 1715 e il 1722 è stato Alvise Pisani (poi 114° Doge di Venezia), che ha commissionato il progetto all’architetto padovano Girolamo Frigimelica de’ Roberti, responsabile della realizzazione dell’intero parco della villa. Probabilmente, il futuro reggente della Serenissima è stato ispirato dal leggendario dedalo vegetale di Versailles, dove aveva vissuto come ambasciatore.

Il Labirinto di Villa Pisani è composto da nove cerchi concentrici inseriti in un trapezio irregolare. All’origine era fatto di siepi di carpini (Carpinus betulus), ma nel corso del tempo le pareti verdi sono diventate di bosso (Buxus sempervirens). Al centro dell’intreccio di sentieri si trova una torretta circondata da una scala a chiocciola e sormontata da una statua di Minerva.

5. Labirinto della Masone (Emilia-Romagna)

Jorge Luis Borges ha ispirato quello dell’Isola di San Giorgio, ma c’entra (almeno un po’) anche con il Labirinto della Masone. L’idea di costruire un dedalo ha iniziato a prendere forma nella testa di Franco Maria Ricci durante i soggiorni del grande scrittore argentino nella sua casa di campagna a Fontanellato. 

Il celebre editore, designer e collezionista ha dedicato molti anni alla progettazione del labirinto e ha iniziato a costruirlo nel 2005. Il dedalo vicino a Parma ha la forma di una stella a otto punte ed è ispirato a quelli romani “unicursali” organizzati in quartieri e con incroci ad angolo retto, ma li rivisita con la presenza di bivi e vicoli ciechi. 

Il Labirinto della Masone è stato inaugurato nel 2015 ed è stato il “più grande del mondofino al 2018, quando ha dovuto cedere il titolo al Dafeng Dream Maze di Yancheng in Cina. Ma record o no, rimane un’opera unica, a partire dalle sue siepi fatte di piante di bambù. Franco Maria Ricci si è innamorato del sempreverde di origine asiatica negli anni ’80 e ha utilizzato una ventina di specie diverse e 200mila esemplari per realizzare il suo dedalo verde.

Il progetto del labirinto è stato curato dagli architetti Davide Dutto, che si è occupato della parte botanica, e Pier Carlo Bontempi, che ha realizzato gli edifici del dedalo (tra cui la piramide al centro del percorso) e il Museo, la Biblioteca, l’Archivio, gli spazi per mostre temporanee e le strutture recettive che compongono il complesso culturale e turistico del Labirinto della Masone.

6. Labirinto di Palazzo Costabili (Emilia-Romagna)

È piccolo (ha una superficie di appena 260 m2), ma si è guadagnato un posto tra i più importanti del mondo. Il Labirinto di Palazzo Costabili è stato inserito da Ettore Selli nell’opera Labirinti vegetali. La guida completa alle architetture verdi dei cinque continenti e l’autore in un’intervista al quotidiano Estense lo ha definito un “labirinto della rinascita”.

Il dedalo all’interno dell’attuale sede del Museo archeologico nazionale di Ferrara è stato realizzato negli anni ’50 e per Ettore Selli rappresenta “la voglia di ricostruire, rinascere, anche attraverso opere verdi capaci di esprimere le idee di bello, armonia, pace” del secondo dopoguerra.

Il Labirinto di Palazzo Costabili è di forma quadrata e le sue siepi di bosso definiscono un “tracciato unicursale”. L’impianto segue i principi dell’architettura classica ed Ettore Selli spiega che ha un forte valore simbolico religioso, perché “esprime l'idea di una strada unica che conduce il peccatore, che sceglie di seguire la parola di Dio, in un percorso di purificazione che non trova ostacoli pure nell’apparenza di un tracciato complicato e complesso”.

Il labirinto fa parte del giardino all’italiana ricostruito negli anni ’30 e sottoposto a un importante intervento di recupero e restauro nel 2010. Il progetto originale (andato perduto) era dell’architetto e capomastro Biagio Rossetti, che ha realizzato l’intero complesso di Palazzo Costabili. Secondo la leggenda, a commissionare l’imponente opera sarebbe stato Ludovico il Moro, che voleva lasciare Milano perché temeva per la propria vita. Ma in realtà, la decisione di costruire il palazzo sarebbe stata presa in maniera autonoma dal legato degli Sforza presso gli Este, Antonio Costabili.

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