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8 miniere che si possono visitare in Italia

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L’Italia ha una lunga tradizione mineraria. Da nord a sud e nelle isole, nel corso dei secoli sono stati estratti carbone, minerali e metalli di ogni sorta (compreso oro e argento). Alcuni siti sono in attività ancora oggi, ma la maggior parte sono stati chiusi. In qualche caso per l’esaurimento dei giacimenti. Più spesso per i costi di produzione troppo elevati e la scarsa competitività sui mercati internazionali.  

Molte miniere sono state lasciate al loro destino e versano in stato di abbandono. Ma alcune sono rinate sotto forma di musei e parchi archeominerari. Gli ex siti di estrazione raccontano non solo lo sviluppo industriale, culturale e sociale del Belpaese, ma sono anche una indelebile testimonianza della vita dei minatori.

I diversi complessi minerari recuperati e aperti al pubblico ricostruiscono la vita degli uomini che hanno speso la loro vita a scavare minerali e metalli con visite guidate, mostre e percorsi didattici. Ma è soprattutto l’esplorazione delle gallerie nel sottosuolo a immergere (letteralmente) in una realtà durissima e non così lontana nel tempo.

Dalla miniera di Cogne con l’avveniristico villaggio di Colonna, all’ex distretto minerario di Campiglia Marittima (sfruttato dall’epoca etrusca), fino alla grandiosa Galleria Henry a Buggerru, qui trovate 8 miniere che si possono visitare in Italia da non perdere.

1. Le Miniere di Cogne (Valle d’Aosta)

Le miniere di Cogne sono citate per la prima volta in un documento del 1433. Ma può darsi che il giacimento di magnetite (un minerale del ferro) della omonima valle fosse già noto all’antico popolo dei Salassi e ai Romani. Di certo, è uno dei più alti d’Europa.

Il sito di estrazione è rimasto in attività fino al 1979 e all’inizio del secolo è stato dotato di un avveniristico villaggio per i minatori a 2.425 di altitudine. L’abitato di Colonna era collegato a Cogne da una funivia e comprendeva una chiesa, un cinema, una biblioteca e un campo da bocce, oltre ai servizi di base per il vivere quotidiano. 

Le rovine del villaggio e i resti della funivia e delle funicolari per il trasporto del minerale sono visibili ancora oggi, mentre una parte delle gallerie della miniera è aperta al pubblico. Il tour guidato inizia dalla stazione intermedia di Costa del Pino (dove si è spostata l’attività negli anni ’60) e si addentra per 1,5 km nelle viscere della montagna.

Il percorso prevede un tragitto su un trenino d’epoca con carrelli a rimorchio e un percorso a piedi. Nell’antico“Villaggio dei Minatori” di Cogne (realizzato dopo la dismissione dell’abitato di Colonna) è anche allestita una mostra permanente dedicata alla miniera.

2. Il Museo delle Miniere di Predoi (Trentino-Alto Adige)

Era il rame il metallo scavato nelle miniere di Predoi. L’”oro rosso” ha avuto un ruolo cruciale per l’economia del piccolo centro e di tutta la Valle Aurina e l’attività estrattiva è stata portata avanti per più di cinque secoli (fino al 1971).

A essere sfruttate per prime sono state alcune vene superficiali a 2.000 m di altitudine. I filoni si approfondivano per circa 500 m e il rame era estratto da pozzi verticali. Ma quando il giacimento in superficie ha iniziato a esaurirsi, è stato necessario scavare delle gallerie.

Le miniere di Predoi sono composte da numerosi tunnel sempre più profondi e sempre più lunghi. L’ultimo a essere stato realizzato è quello di Sant’Ignazio (di oltre 1 km), che alla fine degli anni ’90 è stato aperto al pubblico. La galleria viene percorsa a bordo di un trenino e conduce a un allestimento che racconta la vita quotidiana del sito minerario.

Nelle miniere di Predoi è presente anche un Centro Climatico per la speleoterapia. La “terapia in caverna” sfrutta lo speciale microclima delle gallerie ed è un trattamento complementare per la cura delle malattie croniche delle alte vie respiratorie.

3. L’Ecomuseo delle Miniere e della Val Germanasca (Piemonte) 

Il talco della Val Germanasca è chiamato “Bianco delle Alpi” ed è una varietà rara e pregiata per l'estrema purezza. Un cantiere di estrazione del minerale esiste ancora, però la fitta rete di gallerie che costituiva le miniere di Prali (a circa 70 km da Torino) è stata dismessa nel 1995. Ma non è stata abbandonata. 

La Comunità Montana delle Valli Chisone e Germanasca ha recuperato il sito di estrazione e lo ha trasformato in un ecomuseo. Nel 1998 è stata aperta al pubblico la galleria di carreggio della miniera Paola ed è stato creato “ScopriMiniera”, una visita guidata che ricostruisce la vita e il lavoro dei minatori.

La proposta turistica ed educativa è stata integrata nel 2013 da ScopriAlpi. Il nuovo tour si sviluppa lungo i tunnel della miniera Gianna e racconta la formazione della catena alpina… dall’interno.

Il percorso didattico dell’Ecomuseo delle Miniere e della Val Germanasca è completato da una mostra permanente nelle aree e negli ex edifici industriali che si trovano vicino all’ingresso della miniera Paola. 

4. Il Parco Minerario Piani Resinelli (Lombardia)

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I Piani dei Resinelli sono stati una frequentata località sciistica tra gli anni ’50 e ’80, ma hanno anche una lunga tradizione mineraria. I primi documenti ad attestare l’esistenza di una miniera piombo-zincifera risalgono al 1637, però è probabile che i giacimenti della zona fossero sfruttati già in epoca precedente.

L’attività di estrazione è proseguita fino al 1958, poi è stata abbandonata per motivi economici. Ma alcune miniere che costituivano il complesso dei Resinelli sono state recuperate e aperte al pubblico all’inizio degli anni 2000. 

La più antica è quella chiamata Anna, che produceva soprattutto galena argentifera (un solfuro di piombo). Le sue gallerie si sviluppano su due livelli e il percorso di visita è un excursus attraverso epoche e metodi di estrazione del minerale. 

Il Parco Minerario Piani Resinelli comprende anche le miniere Sottocavallo e Silvia. La prima è composta da (ben) sette livelli con pozzo centrale, mentre la seconda presenta una sala con un piccolo palco. Al momento non sono accessibili, ma la visita può essere effettuata in modalità virtuale.

5. La Miniera Schilpario – Parco Minerario Ing. A. Bonicelli (Lombardia)

Il primo documento che attesta l’attività mineraria nella Val di Scalve risale all’Anno Mille, ma i giacimenti di ferro della zona erano già ben noti ai Romani. A confermarlo (indirettamente) è anche Plinio il Vecchio, che nella Naturalis historia scrive dei cristiani condannati ai lavori forzati nelle miniere della vicina Val Seriana (la cosiddetta damnatio metalla).

Il sito di estrazione di Schilpario è rimasto in attività fino al 1972 e il Parco Minerario Ing. A Bonicelli è sorto per preservare e tramandare il suo patrimonio storico e culturale. Le gallerie dismesse sono state in parte recuperate e adibite a percorsi museali che raccontano la dura vita in miniera.

La visita guidata si addentra per 2,5 km nel cuore della terra (prima su un trenino che corre sui vecchi binari presenti nei tunnel, poi a piedi) e ricostruisce i 2mila anni di storia delle miniere della Val di Scalve, i metodi di escavazione e la quotidianità dei minatori.

Il percorso didattico del parco è stato arricchito nel 2018 dal Museo dell’illuminazione mineraria. L’allestimento è il primo nel suo genere in Europa e comprende più di 2mila esemplari di lampade da miniera, oltre a carrelli, elmetti, telefoni, fotografie e altri oggetti connessi all’attività di estrazione. 

6. Il Parco Archeominerario di San Silvestro (Toscana) 

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Il Parco Archeominerario di San Silvestro in Toscana racconta il mondo delle miniere nel corso dei secoli. I giacimenti di rame e piombo argentifero della Val di Cornia sono stati sfruttati fino dall’antichità e nell’area protetta alle spalle di Campiglia Marittima si trovano i resti un villaggio medievale di minatori e fonditori (la Rocca di San Silvestro). Ma non solo.

Il parco comprende un sito di estrazione attivo dalla metà dell’Ottocento agli anni ‘80 del Novecento (la Miniera del Temperino) e una ferrovia sotterranea a scartamento ridotto per il trasporto dei minerali agli impianti di lavorazione (la Galleria Lanzi-Temperino).

A San Silvestro si trova anche un pozzo di estrazione, ovvero l’accesso principale alla miniera da cui passavano gli uomini e il materiale escavato. All’interno dell’edificio del Pozzo di Earle è allestito il Museo delle macchine minerarie, che insieme al Museo dei minatori (nella vecchia mensa) e al Museo dell’archeologia e dei minerali (vicino alla biglietteria) completa il percorso archeominerario del parco.

7. La Grande Miniera di Serbariu – Museo del Carbone (Sardegna)

Era il 1834 quando il generale e naturalista Alberto La Marmora scopriva nel Sulcis “un frammento di arenaria bigia al quale era aderente una sostanza nera carboniosa”. Un secolo dopo entrava in attività la Grande Miniera di Serbariu e veniva costruita la città mineraria di Carbonia.

Il sito di estrazione è stato attivo fino al 1964 (ma la chiusura ufficiale è avvenuta nel 1971) ed è stato una delle più importanti fonti energetiche dell’Italia. La grande miniera di carbone si estendeva per oltre 100 km di gallerie (fino a 179 m di profondità) ed è arrivata a occupare 16mila minatori.

La dismissione ha portato il sito a versare in un grave stato di degrado, fino a che il Comune di Carbonia ha acquisito il complesso nel 1991. La Grande Miniera di Serbariu ha riaperto i battenti nel 2006 come Museo del Carbone e rappresenta una preziosa testimonianza del mondo minerario.

Il locale dove veniva conservato il materiale per l’illuminazione (la lampisteria) ospita una esposizione permanente sulla storia del carbone, della miniera e di Carbonia. Una porzione della galleria sotterranea è stata allestita per mostrare l’evoluzione delle tecniche di estrazione del carbone. Infine, la sala dell’argano custodisce il macchinario che calava nelle viscere della terra e riportava in superficie i minatori e il materiale.

8. La Miniera di Pranu Sartu e la Galleria Henry (Sardegna)

La miniera di Pranu Sartu è stata un importante sito estrattivo della Sardegna insieme a quella di Malfidano. È stata chiusa negli anni ’80, ma la Galleria Henry l’ha salvata dall’oblio. Il tunnel di circa 1 km è stato costruito alla fine dell’Ottocento con soluzioni ingegneristiche all’avanguardia e ha dato un grande impulso all’attività mineraria della zona.

La galleria Henry è stata recuperata e aperta al pubblico e rappresenta una preziosa testimonianza della (dura) realtà mineraria del Sulcis-Iglesiente. Il traforo collegava il cantiere di estrazione alla costa con una ferrovia su cui correva una locomotiva a vapore e ha rapidamente soppiantato il trasporto del materiale a dorso di mulo.

L’imponente tunnel segue il profilo a “S” della scogliera di Buggerru e la sua peculiarità è la presenza di camminamenti e gallerie secondarie che mantengono un contatto costante con l’esterno. La visita guidata prevede una parte su un trenino d’epoca e una parte a piedi e deve essere prenotata.

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