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Cosa vedere ad Aquileia? I luoghi imperdibili della "Seconda Roma"

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In Italia esiste una “seconda Roma” e si trova in Friuli-Venezia Giulia. A fregiarsi del ragguardevole appellativo è Aquileia. La città è stata fondata dai triumviri nel 181 a.C. per sbarrare la strada ai barbari e fare da porta verso il Danubio ed è diventata un centro nevralgico della tarda Repubblica e dell’Impero.

Aquileia ha superato un’epidemia di peste e un assedio, ha ospitato un trafficato porto fluviale ed è stata sede imperiale nel IV secolo d.C. (insieme all’antica Mediolanum). Ma nulla ha potuto contro Attila. Il re e condottiero Unno ha raso al suolo la città nel 452 d.C. e ha sancito la fine di un’epoca di grande potere e ricchezza.

Aquileia non è scomparsa, ma il suo ruolo nello scacchiere politico ed economico è stato molto ridimensionato. La città ha vissuto una rinascita nell’Anno Mille grazie al patriarca Poppone, che ha riportato la sede dell’istituzione ecclesiastica ad Aquilea. 

Del resto, la ex colonia romana era stata un importante centro di cristianizzazione per l’Italia nord-orientale. La tradizione vuole che lo stesso San Marco (inviato da San Pietro) abbia condotto la campagna di evangelizzazione della città e dei dintorni.

Quello che è certo è che Aquileia è un eccezionale “museo a cielo aperto” e che l’appellativo di “seconda Roma” non è un’esagerazione. Le numerose aree archeologiche, la Basilica di Santa Maria Assunta e i ricchi musei sono una testimonianza straordinaria di secoli di storia antica.

Se volete saperne di più, qui trovate i luoghi da non perdere per ricostruire le vicende della “seconda Roma” e scoprire la sua (grande) bellezza.

La Basilica di Santa Maria Assunta

Un pavimento di oltre 760 m² di mosaico del IV secolo che non solo è uno dei più antichi del mondo cristiano, ma anche tra i più grandi di Occidente. La Basilica di Santa Maria Assunta è stata eretta dal vescovo Teodoro con la benedizione dell’imperatore Costantino. Ma tra il 1021 e il 1031 è stata quasi interamente ricostruita dal patriarca Poppone.

All’Anno Mille risalgono la facciata e l’abside, i capitelli dei colonnati interni e il campanile a cuspide alto 73 m, che la tradizione vuole sia ispirato al Faro di Alessandria. Nei secoli successivi sono stati eseguiti ulteriori interventi e uno degli ultimi è il grandioso soffitto ligneo a carena di nave realizzato nel Quattrocento.

Il prezioso pavimento a mosaico è stato riscoperto all’inizio del Novecento e presenta una varietà di raffigurazioni e allegorie del mondo cristiano (non sempre di facile interpretazione). Nelle quattro campate in cui è diviso spiccano la rappresentazione del “buon pastore” e le storie di Giona.

Altri mosaici (del IV secolo) sono visibili nella Cripta degli scavi, mentre nella Cripta degli affreschi è conservato uno straordinario ciclo pittorico del XII secolo sulla vita di San Marco. 

La Südhalle e la Domus e palazzo episcopale

La Südhalle è una grande sala rettangolare sul lato sud del battistero del complesso della Basilica di Santa Maria Assunta. Lo spazio è stato scoperto alla fine dell’Ottocento dagli austriaci ed è speculare a un’altra sala trovata a nord (la Nordhalle).

Entrambi gli ambienti presentano pavimenti musivi e quello della Südhalle è visibile dal 2011 grazie a un importante intervento di recupero e restauro. La preziosa decorazione è divisa in tre campi ed è un “tappeto” di motivi geometrici intervallato da figure di animali.

Il mosaico più famoso della Südhalle è un frammento che riproduce un pavone. L’elegante uccello era considerato un simbolo della resurrezione ed è rappresentato di fronte e con la coda dispiegata. Il piumaggio multicolore è reso per mezzo di una straordinaria policromia di pietre.

In piazza Capitolo dove sorge la Basilica di Santa Maria Assunta si trova anche l’area archeologica “Domus e palazzo episcopale”. Il percorso espositivo si articola su più livelli (fino a 4 m sottoterra) e rivela mosaici e muri di quello che doveva essere il palazzo episcopale, un’aula absidata del IV secolo e una domus romana del I-II secolo.

Il foro romano

Il nucleo più antico del foro romano di Aquileia risale al II secolo a.C. Ma i resti conservati nell’area archeologica lungo la via Giulia Augusta documentano l’aspetto che aveva nel I secolo d. C. La grande piazza era il cuore della vita politica, amministrativa e sociale della città e sorgeva all’incrocio tra il decumano massimo e il cardo massimo (le due strade principali del sistema viario romano).

Il foro aveva pianta rettangolare ed era circondato da portici almeno su tre lati. I due lunghi delimitavano la piazza a est e ovest e ospitavano numerose botteghe (tabernae). Nel lato corto a sud si sviluppava la basilica, l’edificio dove veniva esercitata l’attività amministrativa e giuridica. In quello a nord è probabile che si trovassero lo spazio per le assemblee del popolo (comitium) e il mercato (macellum).

L’area archeologica di Aquileia conserva diverse colonne del lato orientale del porticato (rialzate e integrate in laterizio negli anni ’30) e parti della pavimentazione della piazza e della basilica. A sud del foro è inoltre visibile un lungo tratto del “decumano di Aratria Galla”. La strada delimitava il sito della basilica e deve il suo nome alla generosa cittadina che ne ha finanziato la pavimentazione nel I secolo d.C.

Il porto fluviale e la Via sacra

Oggi è difficile da immaginare, ma ad Aquileia c’era un importante porto fluviale. La struttura è stata costruita nel I secolo d.C. su un’altra preesistente e sorgeva sulla sponda destra dell’antico alveo del Natissa (che era largo una cinquantina di metri).

Il porto comprendeva diverse banchine realizzate con blocchi di pietra d’Istria (la più resistente all’azione erosiva dell’acqua), tre magazzini collegati alla strada da rampe inclinate e vari edifici ed elementi che servivano alle attività di attracco, carico e scarico e via dicendo. 

L’area portuale di Aquileia è molto ben conservata e le diverse strutture che la componevano sono chiaramente riconoscibili. Non solo. Sui marciapiedi delle banchine sono incisi piccoli “schemi di gioco” che venivano utilizzati da portuali e marinai come passatempo.

Il restringimento dell’alveo del Natissa ha portato alla progressiva dismissione del porto di Aquileia e nel IV secolo d.C. le banchine sono state parzialmente inglobate nelle nuove mura di cinta della città (che sono state ancora ampliate in epoca successiva).

I resti della struttura portuale sono collegati alle altre aree archeologiche di Aquileia e al complesso della Basilica di Santa Maria Assunta dalla “Via sacra”. La strada è stata realizzata negli anni ’30 ed è una suggestiva passeggiata tra storia e natura.

Il Museo archeologico e il Museo paleocristiano

Tra antiche chiese, domus di epoca romana, aree archeologiche e necropoli, il patrimonio storico, artistico e culturale di Aquileia è (quasi) tutto a cielo aperto. Ma la piccola città friulana è anche sede di due importanti musei.

Il Museo Archeologico Nazionale custodisce mosaici, sculture, oggetti di uso comune, iscrizioni, ritratti e un vero e proprio “tesoro” di ambre, gemme, gioielli e monete. L’allestimento è stato rinnovato di recente ed è un affascinante viaggio alla scoperta della cosiddetta “seconda Roma”.

Il nuovo percorso museale si articola su tre piani e si sviluppa per sezioni tematiche. Le varie aree raccontano la vita quotidiana e le tradizioni di Aquileia e ricostruiscono il mondo cosmopolita della città dal II secolo a.C. al V secolo d. C. 

Il Museo Paleocristiano non conserva solo straordinarie testimonianze del passato più antico di Aquileia, ma costituisce esso stesso uno straordinario (e rocambolesco) capitolo di storia. L’edificio che lo ospita è un “folador” (cantina) ricavato da un monastero… costruito su una basilica paleocristiana!

I bellissimi pavimenti musivi con decori geometrici e i resti dell’antica chiesa sono stati riportati alla luce tra l’Ottocento e il Novecento e rappresentano il cuore del museo. Ma l’allestimento comprende anche frammenti di mosaici recuperati dallo scavo della basilica del Fondo Tullio alla Beligna (una località vicino ad Aquileia), reperti scultorei e una ricca collezione di iscrizioni funerarie.

Il Sepolcreto

L’usanza romana prevedeva che le necropoli fossero situate fuori dalle mura ed è probabile che nell’area intorno all’antica metropoli di Aquileia ne sorgessero diverse. Ma fino a oggi ne è stata rinvenuta solo una. 

Il cosiddetto Sepolcreto si trova su una strada secondaria che esce dalla città e comprende cinque recinti sepolcrali. Di questi, quattro appartengono alle antiche famiglie aquileiensi Stazia, Giulia, Trebia e Cestia. Per il quinto, invece, non è stato possibile stabilire un’attribuzione.

La piccola necropoli è stata usata dal I al IV o V secolo d.C. (almeno) e comprende sepolture per incinerazione e inumazione. Le prime sono di epoca più antica, mentre le seconde hanno iniziato a essere utilizzate dal II secolo d.C. Le tombe presentano fregi, ornamenti e sculture di vario genere, tra cui la statua di una donna che abbraccia una bambina alata.

I reperti all’interno della necropoli sono per la maggior parte copie. Gli originali sono conservati al Museo Nazionale Archeologico.

Fondo Cal e Fondo Pasqualis

Le case del Fondo Cal e l’area mercatale del Fondo Pasqualis di Aquileia offrono una eccezionale testimonianza della vita quotidiana all’epoca dell’Impero Romano.

L’area archeologica del Fondo Cal sorge lungo l’attuale via Giulia Augusta (che ricalca l’antico asse stradale principale della città) e custodisce i resti di due domus abitate e più volte rimaneggiate tra il I e il IV-V secolo d.C. 

La “domus est” presenta una grande sala absidata (protetta da una struttura moderna), al cui interno si trova un mosaico del “buon pastore”. La presenza di questa decorazione ha fatto pensare a lungo che l’edificio fosse un oratorio paleocristiano. Ma una nuova interpretazione tende a ritenere il mosaico parte della decorazione di una sala di rappresentanza di una casa patrizia. 

La “domus ovest” è formata da più ambienti articolati intorno a un peristilio interno e mosaici a tessere bianche e nere. La decorazione musiva colloca l’edificio nell’età augustea, ma la presenza di strutture sottostanti fa ritenere che la casa possa avere origine più antica.

Il Fondo Pasqualis si trova poco distante dal complesso della Basilica di Santa Maria Assunta e conserva tre aree lastricate che fungevano da piazze di mercato. L’area mercatale risale all’età tardo imperiale ed era collegata al corso del Natissa a sud e a un grande magazzino a nord. 

Nel fondo sono anche conservati i resti della doppia cinta di mura costruita intorno ad Aquileia tra il IV e il V secolo d.C. La struttura non aveva solo funzione di difesa, ma a quanto pare serviva pure all’approdo delle chiatte fluviali e al transito delle merci da e verso la città.

Domus di Tito Macro

È una delle più grandi abitazioni di epoca romana del Nord Italia e presenta una pianta pressoché completa. La domus di Tito Macro occupa una superficie di 1.700 m2 ed è una “casa ad atrio” composta da diversi ambienti, con un giardino interno e quattro botteghe (in una delle quali sono visibili i resti di un forno per la panificazione).

La dimora è stata costruita nel I secolo d.C. e abitata ininterrottamente fino al VI secolo d.C. Al suo interno sono stati trovati dei veri e propri “tesori”, come un anello in oro e pasta vitrea del II-III secolo d.C. Ma non solo. Nella domus sono state rinvenute anche molte monete, con una somma considerevole nascosta tutta insieme in una buca. Probabilmente a mettere da parte il gruzzolo è stato il proprietario della casa, nei “turbolenti” anni successivi alla conquista di Aquileia da parte di Attila.  

All’interno della dimora è stato altresì trovato un peso di pietra con una maniglia di ferro e l’iscrizione “T. Macr”. Proprio tale reperto ha portato ad attribuire la proprietà della casa (almeno per un po’) al facoltoso cittadino aquileiense Tito Macro.

La domus è stata oggetto di un lungo e avanguardistico progetto di scavo e recupero e attualmente è visibile non solo nella sua interezza, ma anche nel suo “ingombro spaziale”. Quest’ultimo è reso con una speciale copertura che ricostruisce i vari ambienti e la loro distribuzione nell’impianto abitativo.

La casa di Tito Macro presenta ricche decorazioni musive, in parte ancora visibili in loco e in parte messe in sicurezza al Museo Nazionale Archeologico. Tra i mosaici ricollocati ci sono quello (celeberrimo) del “ratto di Europa”, un pavimento con tralcio di vite con fiocco e il cosiddetto “pavimento non spazzato”. Un’altra decorazione musiva che raffigura il “buon pastore”, invece, è stata portata a Palazzo Meizlik.

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