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Fantasmi di Sicilia: 6 famosi edifici storici e le loro leggende

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La Sicilia è una terra ricca di storia, tesori artistici e natura. E a quanto pare anche di fantasmi. L’isola custodisce una serie di edifici storici intorno ai quali gravitano racconti di spiriti senza pace e vicende inspiegabili. 

Molto spesso ad alimentare le leggende sono tragiche storie d’amore. Una delle più famose è quella (vera) della Baronessa di Carini, Laura Lanza. La giovane era sposata, ma si è innamorata di un altro uomo ed è stata uccisa dal padre. Non molto diversa è la vicenda degli amanti del Castello di Naro, Madonna Giselda e il paggio Beltrando, la cui vite sono state spezzate dal marito della donna.

Altre volte dietro alle storie di fantasmi ci sono tradimenti politici, come nel caso di Matteo Bonello, signore di Caccamo e ispiratore della famigerata congiura contro Guglielmo I di Sicilia. E non mancano motivi di risentimento o vera e propria brama di vendetta. Il Teatro Massimo di Palermo, per esempio, sarebbe infestato da una suora la cui tomba è stata profanata.

In tutti i casi, il risultato è lo stesso. La vicenda storica o la voce popolare prendono forma in figure misteriose, strane macchie, suoni indecifrabili e un numero inesauribile di testimoni che giurano di avere visto o sentito qualcosa. La leggenda mette radici nell’immaginario e la reputazione “sinistra” accresce ancora la fama degli edifici e dei luoghi teatro dei racconti. 

In Sicilia esiste un gran numero di palazzi, castelli e posti storici “infestati”. Se siete curiosi e volete saperne di più, qui ne trovate 6 le cui storie sono profondamente radicate nella cultura dell’isola. 

Il Castello di Carini e l’impronta insanguinata della baronessa

Il borgo di Carini (provincia di Palermo) è dominato da un imponente castello medievale. La fortezza è stata eretta tra l’XI e il XII secolo dal condottiero normanno Rodolfo Bonello, probabilmente sopra una precedente costruzione di epoca araba. Nel 1238 è diventata di proprietà degli Abate (alleati dei Chiaramonte), poi è passata ai La Grua Talamanca. 

Il maniero è stato più volte rimaneggiato e presenta elementi arabi e normanni, decori in stile gotico catalano e (soprattutto) interventi di gusto quattrocentesco. Ma più dell’architettura e dei pregevoli interni, a rendere famoso il Castello di Carini è la tragica storia della baronessa Laura Lanza.

La nobildonna era la giovanissima sposa di Don Vincenzo II La Grua Talamanca. Il matrimonio tra i due è stato combinato dal padre di Laura, Cesare Lanza, e non ha mai funzionato. La ricostruzione dei fatti mescola leggenda e realtà, ma è certo che la Baronessa ha intrecciato una relazione con Ludovico Vernagallo. Il giovane era un cugino di rango inferiore di don Vincenzo, frequentava la corte e secondo alcune fonti era cresciuto con Laura.

A quanto sembra, la storia tra i due è andata avanti per diverso tempo. Fino a che, il 4 dicembre 1563, Cesare Lanza ha sorpreso gli amanti. Anche in questo caso, non è del tutto chiaro cosa sia accaduto, ma la tradizione vuole che l’uomo abbia ucciso Laura e Ludovico. Cesare Lanza l’ha fatta franca perché il “delitto d’onore” non era considerato un crimine e la storia è stata messa a tacere. Ma non del tutto.

La memoria popolare non ha dimenticato la Baronessa di Carini e nei secoli seguenti ha aiutato storici e studiosi a ricostruire in gran parte la vicenda. Ma senza rinunciare a una quota di mistero. La tradizione racconta che nella notte dell’omicidio, su una parete della stanza dove ha avuto luogo, compare l’impronta insanguinata di una mano. Secondo la leggenda sarebbe di Laura, che ha cercato di tamponare la ferita dopo essere stata colpita dal padre.

Il Teatro Massimo di Palermo e il fantasma della “monachella”

A Palermo si racconta che nel Teatro Massimo si aggiri il fantasma di una “monachella”. Ma cosa c’entra una suora con il maestoso edificio in stile neoclassico ed eclettico, considerato un tempio della lirica? Per fare luce sulla faccenda, bisogna tornare a quando ha preso forma l’idea di dotare la città di un teatro più spazioso e moderno.

Il progetto è nato durante il regno di Ferdinando II di Borbone, ma è diventato concreto dopo l’Unità d’Italia. Nel 1864 è stato bandito un concorso per “provvedere alla mancanza di un teatro che stesse in rapporto alla cresciuta civiltà ed a’ bisogni della popolazione” e nel 1868 è stato decretato vincitore l’architetto Giovan Battista Filippo Basile. La prima pietra è stata posata nel 1975, ma è ciò che è accaduto nel mentre che ha fatto nascere la leggenda.

Per costruire il nuovo teatro (il più grande d’Italia e il terzo d’Europa) sono stati demoliti la Chiesa e Monastero delle Stimmate, la Chiesta e Monastero di San Giuliano e la Chiesa di Sant’Agata. Ed è qui che entra in scena la monachella. Gli edifici ospitavano molte tombe e una sarebbe stata profanata durante i lavori di demolizione. La leggenda racconta che la sepoltura apparteneva a una suora e che da allora il fantasma della religiosa infesta il Teatro Massimo. Ma non solo.

Secondo la vulgata popolare, la travagliata costruzione durata più di vent’anni e la lunga chiusura dal 1974 al 1997 sarebbero opera dello spirito “risentito” della monachella. La realtà è (ovviamente) più prosaica, ma la storia della suora fantasma è profondamente radicata tra le tradizioni di Palermo. 

E per gli scettici, la monachella ha una punizione. Al Teatro Massimo c’è un gradino dove si dice che inciampino tutti quelli che non credono alla leggenda…

Il Castello di Caccamo e lo spirito del cavaliere tradito 

C’è un famigerato episodio della storia di Sicilia dietro al fantasma che secondo la leggenda infesta il Castello di Caccamo. Il maniero è stato eretto nel XII secolo da Matteo Bonello (probabilmente su una torre di avvistamento o una fortezza araba) ed è stato teatro della congiura ordita dal barone normanno per rovesciare il re Guglielmo I d’Altavilla.

Il piano di Bonello ha avuto successo, ma il signore di Caccamo e i suoi accoliti hanno perso il controllo della rivolta. La ribellione si è trasformata in un bagno di sangue e Guglielmo I è riuscito a riprendere il potere. Il barone e i congiurati si sono rifugiati al castello, pianificando di attaccare Palermo. Ma alla fine hanno accettato la pace proposta dal re.

Guglielmo I ha accordato il perdono a Bonello e il nobile è tornato a corte. Ma la grazia si è rivelata un tranello. Il re ha fatto imprigionare il barone ribelle in una fortezza vicino a palazzo reale e gli ha fatto cavare gli occhi e tagliare i tendini di Achille. Le torture sono state fatali per Bonello, che è morto tra atroci sofferenze.

La tradizione racconta che il fantasma cieco e zoppo del barone sia tornato al Castello di Caccamo e vaghi in quella che è passata alla storia come la “Sala della Congiura” maledicendo chi l’ha tradito.

Il Castello di Mussomeli e i suoi (tanti) fantasmi

Il Castello di Mussomeli (provincia di Caltanissetta) viene paragonato a un “nido d’aquila” per la posizione impervia e le mura che sembrano una cosa sola con lo sperone di roccia dove sorge. A costruirlo nel XIV secolo è stato Manfredi III Chiaramonte e per questo è anche detto “Castello Manfredonico”. Il maniero si è sviluppato a partire da un forte di epoca sveva, mentre l’aspetto attuale risale per lo più a una serie di interventi del XV secolo.

Il castello è stato teatro della “congiura dei baroni” contro il re Martino il Giovane costata la vita ad Andrea Chiaramonte. Ma non è lo spirito del nobile cavaliere tradito dai suoi alleati a popolare le (tante) storie di fantasmi che circolano sulla fortezza.  

La leggenda più celebre riguarda un tale principe Federico e le sue sorelle Clotilde, Margherita e Costanza. La tradizione racconta che l’uomo, in partenza per una non meglio precisata guerra, abbia deciso di murare le tre giovani in una stanza. Alcuni dicono che lo abbia fatto per gelosia, altri per amore. Sta di fatto che Federico è rimasto a combattere più di quanto pensasse e le provviste che aveva lasciato alle sorelle non sono bastate.

Quando è tornato a Mussomeli, il principe ha trovato Clotilde, Margherita e Costanza morte di stenti. Addirittura, le tre donne sarebbero spirate con le scarpe strette tra i denti, in un disperato ultimo tentativo di mangiare qualcosa. Da allora, i lamenti e le grida delle sorelle risuonerebbero per le stanze del castello.

Un’altra storia riguarda un soldato spagnolo di nome Don Guiscardo de la Portes. La leggenda racconta che il nobiluomo sia arrivato in Sicilia al seguito di Martino il Giovane, lasciando in patria la moglie Esmeralda. Dopo aver sconfitto Andrea Chiaramonte, ha deciso di visitare la rocca di Mussomeli. Ma lungo la strada è stato catturato dai soldati di un rivale in amore che era stato respinto da Esmeralda.

Don Guiscardo è stato rinchiuso nelle prigioni del castello e qui, preso dallo sconforto, ha imprecato contro Dio. Lo sfogo gli è costata la dannazione e il suo spirito vagherebbe ancora oggi senza pace nella fortezza.

La Torre di Enna e il fantasma a cavallo di Federico II

La leggenda narra che la Torre di Enna sia infestata da un fantasma. E che fantasma. Lo spirito in questione sarebbe quello di Federico II di Svevia. A quanto pare, in “una notte ben precisa”, l’imperatore in groppa al suo destriero partirebbe al galoppo dal baluardo e poi vi farebbe lentamente ritorno. Nessuno ha mai visto lo spettro, ma in tanti giurano di avere udito il rumore degli zoccoli sul selciato.

La storia è nata perché la tradizione attribuisce la paternità della Torre di Enna all’Hohenstaufen. Federico II avrebbe fatto erigere il grande edificio a pianta ottagonale nella prima metà del XIII secolo, affidando il progetto all’architetto di corte Riccardo da Lentini. La torre è alta 27 m e domina la città da una piccola collina alberata.

La posizione del baluardo è strategica ed è poco lontana dal centro geografico della Sicilia (indicato da un cippo vicino alla Chiesa di Montesalvo). Per questa ragione, esistono alcune teorie che attribuiscono alla torre la funzione di osservatorio astronomico e geodetico (ovvero, per lo studio delle dimensioni della Terra e della topografia). 

Un’ipotesi in particolare cambia radicalmente la storia dell’edificio e attribuisce la sua costruzione ai Siculi nell’XI secolo a.C. Ma la questione è dibattuta e al momento rimane un altro mistero della Torre di Enna…

Il Castello di Naro e lo spirito inquieto di Madonna Giselda 

Alcuni attribuiscono la costruzione del Castello di Naro (provincia di Agrigento) all’antico e misterioso popolo dei Lotofagi (che compare anche nell’Odissea). Altri ritengono che sia stato eretto dai Sicani. Di certo, il fortilizio è precedente all’invasione araba (iniziata nell’827 d.C.) ed è stato profondamente rimaneggiato dai Chiaramonte nel XIV secolo. Non a caso, è anche detto “Castello Chiaramontano”.

Il maniero a pianta quadrangolare irregolare sorge sulla sommità del colle conosciuto un tempo come Monte Agragante ed è stato dimora di due re: Federico III d’Aragona e Martino il Giovane. Ma il fantasma che si dice infesti la fortezza non ha nulla a che fare con i due sovrani e le loro corti. La vicenda riguarda tal Pietro Giovanni Calvello, signore di Naro, e la sua consorte, Madonna Giselda.

La tradizione popolare racconta che la bella castellana “dalle chiome nere e dagli occhi azzurri” si fosse innamorata del suo paggio Beltrando. Ma la loro storia ha avuto una tragica fine una sera di luna piena. Mentre Beltrando cantava il suo amore a Madonna Giselda accompagnandosi con il liuto, Pietro Giovanni Calvello li ha sorpresi.

Lo sfortunato paggio è stato ucciso e gettato dalla torre, mentre la castellana è stata rinchiusa in una cella fredda e buia e si è lasciata morire di stenti. Da allora, lo spirito inquieto di Madonna Giselda vagherebbe per il Castello di Naro nelle notti di luna piena, in cerca dell’amato Beltrando.

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