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Il foliage in Piemonte: 8 luoghi per vivere la magia dell'autunno

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La tradizione del foliage arriva da oltreoceano. Il turismo alla scoperta degli alberi e dei boschi che cambiano colore in autunno è nato in Canada e negli Stati Uniti e poi ha preso piede in Europa. Ma allora perché viene indicato con un termine francese? 

In realtà si tratta di un malinteso. La parola “foliage” è inglese e significa genericamente “fogliame”. Non solo. Ha anche una pronuncia diversa da quella “francesizzata” che è entrata in uso (l’accento cade sulla prima sillaba e la “a” è muta). La confusione e l’uso improprio sono nati probabilmente dalla somiglianza con il termine francese “feuillage” e hanno finito con il dare forma a una sorta di neologismo.

Al di là delle dispute linguistiche, la parola “foliage” ormai è familiare a tutti ed evoca paesaggi autunnali accesi da infinite sfumature di giallo e di rosso delle foglie che cambiano colore prima di cadere. Quello che invece è meno noto è che il foliage è il risultato di una strategia di sopravvivenza delle piante, che “tagliano” la dispendiosa attività della fotosintesi clorofilliana per affrontare i rigori dell’inverno.

In Italia i posti per vivere la “stagione dei colori” non mancano e in Piemonte sono presenti alcuni molto suggestivi. Qui ne trovate 8 dove lo spettacolo del foliage prende forma tra natura, storia, arte e spiritualità.

1. Ferrovia Vigezzina – Centovalli o “treno del foliage” (VCO)

Si scrive foliage, si legge Vigezzina. Il “trenino” che collega Domodossola, in Piemonte, alla cittadina svizzera di Locarno è una vera e propria istituzione dell’autunno. La ferrovia entrata in servizio nel 1923 si snoda per 52 km tra vedute spettacolari e boschi colorati di rosso, giallo e arancione.

Il treno del foliage attraversa la Valle Vigezzo e la Centovalli ed è un “viaggio lento” alla scoperta non solo di un territorio selvaggio e incontaminato, ma anche di piccoli borghi pieni di tradizione. Il biglietto è valido uno o due giorni e nella tratta di andata e ritorno include una fermata intermedia a scelta.

Le località sul percorso della Vigezzina sono una quarantina e comprendono la pittoresca Santa Maria Maggiore, il “borgo degli spazzacamini” con un museo dedicato a questo antico mestiere, e Re. Nel piccolo paese sorge il Santuario della Madonna del latte, dove è conservato un affresco della Vergine che avrebbe iniziato a sanguinare dopo essere stato colpito da una pietra.

2. Parco della Burcina (Biella)

Il Parco della Burcina a Biella non è solo uno straordinario giardino (diventato riserva naturale nel 1980), ma anche la storia di una famiglia. 

Il mosaico di latifoglie, specie esotiche, piante da fiore e da frutto che si distende sui rilievi dell’omonimo “brich Burcina” (“colle Burcina”, in dialetto del posto) è stato composto una tessera alla volta da Giovanni Piacenza, dal figlio Felice e dai loro discendenti.

Il capofamiglia – un industriale del settore della lana – ha acquistato i primi terreni nell’Ottocento con l’idea di creare un giardino all’inglese. Giovanni Piacenza ha iniziato l’opera piantando specie pregiate, sequoie e cedri dell’Atlante e costruendo un piccolo laghetto, ma lo sviluppo principale del parco è stato realizzato dal figlio (in maniera autodidatta).

Felice Piacenza ha lavorato per 50 anni al giardino, acquisendo nuovi terreni, tracciando sentieri e inserendo elementi decorativi. Ma soprattutto arricchendo la collina di una gran varietà di piante da fiore e da fusto. È a lui che si devono la “conca dei rododendri”, il “viale dei liriodendri”, l’”area mediterranea” e i belvedere sulla pianura e sulle montagne che circondano il “brich”.

Il Parco della Burcina è diventato di proprietà del comune nel 1934, ma la famiglia Piacenza ha continuato a essere coinvolta nella sua gestione e a contribuire in maniera attiva al suo sviluppo e alla sua conservazione.

3. Oasi Zegna (Biella)

Tutto ha avuto inizio dal “pensiero verde” di Ermenegildo Zegna. Erano gli anni ’30 quando l’imprenditore tessile ha avviato un’imponente opera di riqualificazione ambientale del territorio di Trivero (dove ancora oggi ha sede l’azienda che porta il suo nome) e ha posto le basi di quella che è l’Oasi Zegna.

L’area naturalistica è stata creata nel 1993 dai suoi eredi e si sviluppa intorno agli ultimi 26 km della strada che l’imprenditore ha costruito per collegare il Biellese Orientale alla Valle Cervo e che per questo è chiamata Panoramica Zegna.

L’Oasi Zegna si estende su un territorio di circa 100 km2 ed è un patrimonio ambientale a libero accesso. I boschi di conifere e latifoglie, i pascoli e gli alpeggi della riserva possono essere ammirati avventurandosi a piedi sui tanti sentieri che l’attraversano. Oppure percorrendo in auto o in moto la panoramica.

Il foliage (insieme alla fioritura dei rododendri e delle ortensie) è uno degli spettacoli più famosi del parco. Il filmmaker e fotografo del National Geographic Mattias Klum lo ha immortalato nel video An Autumn Tale e l’Oasi Zegna propone escursioni e visite guidate per viverlo in tutta la sua bellezza.

4. Sacro Monte di Varallo (Vercelli)

Il Sacro Monte di Varallo è il primo degli otto analoghi complessi architettonici sorti in Piemonte e in Lombardia tra il XV e il XVI secolo. La funzione di queste opere era di creare luoghi santi “alternativi” a Gerusalemme e alla Palestina e di raccontare la storia sacra in modo coinvolgente ed evocativo.

Il complesso religioso in provincia di Vercelli è composto da una basilica e da 44 cappelle decorate con affreschi e realistiche statue a grandezza naturale che ripercorrono la vita di Cristo. La sua costruzione è iniziata 1486 per iniziativa del frate francescano Bernardino Caimi ed è proseguita fino al 1713 nell’impronta dell’architetto, pittore e sculture Gaudenzio Ferrari.

Il Sacro Monte di Varallo è arroccato sullo sperone di roccia che domina l’omonimo paese ed è immerso in un lussureggiante bosco di faggi, lecci, olmi, bossi e tassi. L’elemento naturalistico è una caratteristica peculiare dei Sacri Monti e proprio la bellezza e la potenza del dialogo tra paesaggio, architettura e spiritualità ha fatto sì che venissero proclamati Patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.

5. Castello di Miradolo (Torino)

Il Castello di Miradolo è una “gemma” del patrimonio storico e naturalistico del Piemonte, recuperata grazie all’impegno della Fondazione Cosso. L’aspetto neogotico dell’edificio è il risultato di un profondo restauro effettuato nel XIX secolo, ma la dimora appartenuta alle famiglie Massel di Caresana e Cacherano di Bricherasio ha origini più antiche.

Alcuni documenti collocano la sua esistenza nel XVII secolo e la descrivono come una “cassina” (cascinale di campagna). Il fabbricato rurale è stato trasformato in una tenuta nobiliare negli anni successivi e tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento è diventato uno dei più rinomati salotti culturali dell’ambiente torinese. 

La storia del Castello di Miradolo va di pari passo con quella del grande parco che lo circonda. L’area verde è sorta alla fine del XVIII secolo come giardino all’italiana, ma a metà di quello seguente è stata modificata in un giardino romantico all’inglese.

Il parco ha una forma leggermente ovale e si sviluppa intorno a un grande prato centrale. Al suo interno sono custoditi cinque “alberi monumentali” e crescono numerose specie autoctone ed esotiche. Il giardino del castello è aperto tutto l’anno e offre ai visitatori l’opportunità di (ri)scoprire il ritmo delle stagioni con il progetto “Invito al parco”.

6. Castello di Pralormo (Torino)

È sorto nel Medioevo come fortezza militare, ma dal 1730 è una residenza nobiliare. Il Castello di Pralormo è abitato ancora oggi dai conti Beraudo di Pralormo, che lo possiedono dal 1680 e nel corso dei secoli lo hanno trasformato in una grande tenuta.

L’opera di ammodernamento più sostanziale è stata realizzata nel 1840 dal Conte Carlo Beraudo di Pralormo. L’allora signore del castello ha affidato la ristrutturazione dell’edificio all’architetto Ernesto Melano e ha chiamato il celebre paesaggista Xavier Kurten per realizzare un parco all’inglese.

Il progettista di giardini tedesco ha costruito il parco disponendo alberi e piante in modo da offrire suggestivi scorci sulle montagne circostanti e creare un continuum di fioriture e colori in ogni stagione. Il suo “percorso di delizie nel giardino” è arrivato praticamente intatto fino a oggi e costituisce una delle principali attrazioni del castello. 

Il Castello di Pralormo è famoso per “Messer tulipano”, ma anche in autunno offre uno spettacolo naturalistico di grande bellezza con i suoi alberi secolari che svettano maestosi tra i sentieri del parco.

7. Parco naturale delle Capanne di Marcarolo (Alessandria)

Il profilo imponente del Monte delle Figne. I boschi di latifoglie e conifere. Le acque color acciaio dei Laghi della Lavagnina e dei Laghi del Gorzente. Le miniere d’oro abbandonate. Il sacrario della Benedicta in memoria dell’eccidio partigiano del 1944.

Il Parco naturale delle Capanne di Marcarolo si distende sull’Appennino al confine tra Piemonte e Liguria ed è un luogo di natura e di storia. L’area protetta ha una superficie di un’ottantina di km2 ed è attraversata da numerosi sentieri, mulattiere e strade sterrate che possono essere percorsi a piedi, in mountain bike e a cavallo.

L’autunno e la primavera sono le stagioni più indicate per andare alla scoperta dell’area protetta in provincia di Alessandria. Nei mesi che conducono all’inverno, le fitte foreste di faggio, di castagno e di rovere si accendono di rosso, giallo e arancione e offrono uno straordinario spettacolo naturale. 

La vegetazione lussureggiante del parco custodisce alcune curiosità come il raro agrifoglio dalle bacche gialle e una “anomala” quercia sempre verde ed è la casa di numerose specie animali. 

Sugli alberi che crescono sui pendii nidifica il Biancone, un rapace molto raro in Europa. Invece, nei torrenti e nei ruscelli della Val di Lemme vive il gambero d’acqua dolce. Il piccolo crostaceo è sempre meno diffuso e la sua esistenza è ritenuta fortemente a rischio.

8. Castello di Grinzane Cavour (Cuneo)

Il nome è rivelatore. Il Castello di Grinzane Cavour (e il paese dove sorge) si chiama così in omaggio a Camillo Benso Conte di Cavour. 

La tradizione vuole che lo statista sia arrivato nelle Langhe per via di una zia che non era molto brava con le questioni amministrative. La nobildonna ha affittato il maniero al padre del futuro primo Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d’Italia e l’uomo ha mandato il figlio a gestirlo.

Il giovane Cavour si è dimostrato un abile amministratore (è stato anche sindaco di Grinzane per 17 anni) e ha realizzato importanti interventi in ambito agricolo. Lo statista si è dedicato in modo particolare alla viticoltura e all’enologia, dando di fatto il via alla tradizione di eccellenza dei vini della zona.

La storia del Conte, del castello e della terra intorno è raccontata nel Museo della Langhe, che si snoda tra ambienti rurali, domestici e nobiliari del maniero. Invece, il “percorso emozionale e didattico” In Vigna Open-Air Museum porta alla scoperta del ciclo di vita del vigneto e del lavoro del vignaiolo. 

L’itinerario è allestito nella “Vigna di Cavour”, ai piedi del castello, e offre (anche) una vista spettacolare sulle colline delle Langhe.

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