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In gita a Vallombrosa, tra storia, natura e spiritualità

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Vallombrosa è una frazione del comune di Reggello, ma è anche un’antica e lussureggiante foresta. La grande zona boschiva si estende sul versante nord-ovest del Pratomagno e nel 1977 è diventata Riserva Naturale Biogenetica di Vallombrosa.

L’area protetta comprende l’omonimo Arboreto sperimentale di Vallombrosa - considerato uno dei più importanti impianti artificiali italiani per scopi scientifici e sperimentali – ed è solcata da numerosi sentieri. Sempre nel parco si trovano il “pratone”, un ampio spazio molto frequentato per i pic-nic, e alcuni tra gli alberi più alti del Belpaese.

Ma la natura non rappresenta che una parte dei “tesori” di Vallombrosa: la zona è anche un luogo di spiritualità e suggestioni letterarie. A rappresentare l’una e le altre sono l’abbazia fondata intorno all’anno Mille da Giovanni Gualberto e gli “omaggi” di tanti famosi poeti e scrittori che in vario modo hanno avuto a che fare con Vallombrosa.

Non molto distante, inoltre, si trovano il Castello di Sammezzano e Loro Ciuffenna. Il primo è uno straordinario maniero da “mille e una notte”, costruito nel XIX secolo dal marchese Ferdinando Panciatichi Ximenes d'Aragona. Il secondo è uno dei “Borghi più Belli d’Italia”, nel cui centro storico esiste un mulino ad acqua aggrappato a un gradino di roccia scoscesa, ancora perfettamente funzionante.

Vallombrosa e i suoi dintorni hanno molto da offrire: se volete saperne di più, qui trovate una piccola guida dedicata ai posti da vedere e alle curiosità da conoscere!

Vallombrosa: una storia di spiritualità…

L’Abbazia di Vallombrosa ha un aspetto imponente, quasi simile a un castello. Ma in principio non era che un piccolo oratorio di legno con un altare in pietra. A fondarla nel 1038 è stato Giovanni Gualberto, che con la sua iniziativa ha dato anche vita all’ordine dei monaci vallombrosani. Il complesso presenta una stratificazione di stili ed epoche (la chiesa conserva la struttura del Duecento, mentre il resto degli edifici è databile tra Seicento e Settecento), ma l’effetto d’insieme è sobrio e armonioso.

L’abbazia custodisce opere e ornamenti di grande pregio, come una pala in terracotta di Andrea Della Robbia, una serie di tele di Ignazio Hugford e il coro ligneo della chiesa. Ma molte sono state ricollocate – e tante sono andate perdute o distrutte – con la cancellazione napoleonica degli ordini religiosi e la demanializzazione delle proprietà in epoca sabauda. Tra quelle “recuperate” ci sono due pale d’altare: una del Perugino e una di Andrea del Sarto, conservate a Firenze alla Galleria dell’Accademia e agli Uffizi.

Altre opere – oltre a quelle che decorano la chiesa e il monastero – sono custodite presso il Museo d’Arte Sacra, ospitato nella foresteria, e nella biblioteca, dove si trovano anche preziosi volumi e manoscritti. All’interno dell’abbazia è presente altresì un’antica farmacia, mentre nei boschi tutto intorno sorgono numerose edicole votive, tabernacoli e cappelle, databili tra il XVI e il XVII secolo.

… e natura

Spiritualità e natura sono strettamente intrecciati in quel di Vallombrosa. La rigogliosa foresta che riveste il versante nord-ovest del Pratomagno lo è diventata ancora di più grazie ai monaci dell’abbazia. A partire dal XIV secolo, i religiosi hanno avviato un impianto di abete bianco da taglio e poco alla volta l’attività forestale è diventata uno dei fondamenti dell’economia della comunità vallombrosana.

Il lavoro dei monaci è cessato con le soppressioni napoleoniche e sabaude. Ma la loro eredità è stata raccolta dal Corpo Forestale dello Stato ed è diventata una vera e propria istituzione con l’Istituto Forestale di Vallombrosa. La prestigiosa scuola – la prima nel suo genere in Italia – è stata fondata nel 1869 presso l’abbazia ed è stata affidata all’Ispettore generale delle foreste Adolfo di Bérenger.

L’agronomo tedesco ha contribuito a fare diventare l’istituto la realtà di eccellenza da cui ha preso forma l’attuale Scuola di Agraria di Firenze e ha impiantato il primo nucleo dell’Arboreto di Vallombrosa. Oggi, l’area boschiva artificiale del Pratomagno è una tra le più importanti collezioni italiane di piante nate a scopi scientifici e sperimentali e comprende circa 5mila esemplari e 700 specie arboree e arbustive.

L’Arboreto di Vallombrosa è gestito dai Carabinieri Forestali ed è composto da sette impianti creati dai curatori che si sono succeduti alla guida. L’area conserva specie italiane, europee ed esotiche – tra cui diverse sequoie monumentali – e può essere visitata con l’accompagnamento di una guida.

Gambe in spalla

L’abbazia e l’arboreto fanno parte della Riserva Naturale Biogenetica di Vallombrosa, anch’essa gestita dai Carabinieri Forestali. L’area protetta si estende per quasi 1.300 ettari sul versante nord-ovest del Pratomagno ed è attraversata da una moltitudine di sentieri. I tracciati fanno parte di un progetto che si propone di custodire il passato e le tradizioni del territorio e – allo stesso tempo – di proiettarlo verso il futuro.

Gli itinerari sono caratterizzati da lunghezza e difficoltà differenti e sono ispirati alla vita dei monaci, alle antiche vie percorse dai viandanti e dai viaggiatori del Grand Tour e alla ricchezza naturalistica della foresta. Uno dei più suggestivi è il “Circuito delle Cappelle”, un percorso di cinque chilometri e mezzo che si snoda tra gli oratori intorno all’abbazia e fa tappa al punto panoramico detto Eremo del Colle o “Paradisino”.

Un’altra escursione di grande fascino è “L’anello dei giganti”. Il tracciato si sviluppa per tre chilometri e mezzo tra boschi di abeti bianchi e faggi, fino a raggiungere i grandi abeti americani piantati all’inizio del XX secolo. Gli esemplari messi a dimora hanno trovato un habitat ideale e in cent’anni sono arrivati a toccare i 60 metri di altezza (per avere un’idea, la Torre di Pisa ne misura 57)!

Vallombrosa nella letteratura

La spiritualità e la natura selvaggia e misteriosa di Vallombrosa hanno affascinato e ispirato molti scrittori e poeti, che ai boschi e all’abbazia del Pratomagno hanno dedicato pagine e versi.

Una delle citazioni più antiche è quella che fa Ariosto nel Canto XII de L’Orlando furioso, quando Ruggero si dirige alla “badia ricca e bella, né men religiosa, e cortese a chiunque vi venìa” per ricevere il battesimo. Ma l’omaggio più famoso è senza dubbio quello all’interno de Il paradiso perduto di John Milton, che ha soggiornato a Vallombrosa nel 1638 (o almeno, così vuole la tradizione).

Altri celebri visitatori sono stati Mary Shelley, George Sand, Elizabeth e Robert Barrett Browning e Henry James, che si è fermato per un po’ al “Paradisino” e ne ha scritto al fratello William. Non proprio a Vallombrosa, ma nelle immediate vicinanze, ha soggiornato anche Gabriele D’Annunzio. La presenza del “Vate” è stata “turbolenta” – tra pettegolezzi e flirt veri e presunti – ed è stata ricordata dal poeta in maniera più e meno esplicita in varie opere.

Un “Sogno d’Oriente”

A una ventina di chilometri da Vallombrosa, nel comune di Reggello, il Castello di Sammezzano è uno straordinario esempio di architettura orientalista. Presidio romano, poi fortezza medievale e tenuta di caccia dei Medici, tra il 1853 e il 1889 è diventato il “Sogno d’Oriente” di Ferdinando Panciatichi Ximenes d'Aragona.

Il marchese ha ripensato il castello secondo lo stile moresco che tanto amava e che molto era in voga all’epoca, senza mai avere visto i luoghi che lo avevano ispirato. Ferdinando Panciatichi si è occupato personalmente del progetto e ha fatto realizzare tutti i materiali da costruzione e i decori da manodopera locale che aveva provveduto a formare.

L’esterno del maniero ha una facciata “duplice”, che rappresenta il sole e la luna, mentre l’interno è un tripudio di colonne, archi, stucchi, fregi e decori che rievocano costruzioni da “mille e una notte”. Tutto intorno, inoltre, si sviluppa uno splendido parco. L’area verde è stata anch’essa progettata da Ferdinando Panciatichi – che era un appassionato botanico – e conserva una gran varietà di specie, molte rare ed esotiche.

Il Castello di Sammezzano è un vero e proprio tesoro inaspettato della campagna toscana, ma (purtroppo) versa in grave degrado. Per il suo recuperano lottano da tempo il Movimento Save Sammezzano e il Comitato F.P.X.A. Quest’ultimo organizza anche con il FAI eccezionali giornate di visita al castello (diversamente chiuso al pubblico).


Loro Ciuffenna

Un po’ più distante da Vallombrosa rispetto al Castello di Sammezzano, Loro Ciuffenna è un piccolo gioiello del Valdarno Superiore. Il paese fa parte dei Borghi più Belli d’Italia e la sua principale peculiarità è la presenza di un antico mulino ad acqua tra le case del centro storico. L’impianto – considerato uno dei più antichi della Toscana – sorge su uno gradino di roccia scoscesa ed è ancora utilizzato per macinare grano, fagioli e castagne.

Nell’abitato si trovano pure un ponte romano – che fa parte dell’antica “Strada dei Sette Ponti”, oggi un suggestivo itinerario di trekking - e il Museo Venturino Venturi. Poco fuori, invece, sorge la Pieve di San Pietro, la cui fondazione viene attribuita dalla tradizione alla duchessa Matilde di Canossa.

Del territorio di Loro Ciuffenna fa parte anche la “Vigna delle sanzioni”. L’impianto è un vigneto monumentale, realizzato nel 1936 dopo la revoca delle sanzioni inflitte al Regno d’Italia, in seguito all’invasione dell’Etiopia ordinata da Mussolini. Nata come “delirio di rivincita”, dopo la guerra è stata spogliata della sua valenza politica e oggi è un simbolo della perenne sfida tra uomo e natura.

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