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La Montagna Spaccata: 7 curiosità

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Nel tratto di costa davanti a Gaeta, dove il Monte Orlando si tuffa nel Mar Tirreno, si innalza una falesia percorsa da tre profonde fenditure verticali. La peculiare formazione di roccia prende il nome di “Montagna Spaccata” ed è un luogo in cui storia, fede, natura e leggenda si intrecciano in maniera indissolubile.

La tradizione vuole che gli squarci siano stati aperti da un forte terremoto che si è verificato al momento della morte di Cristo. Per certo, sulla sommità della falesia sorge il Santuario della Santissima Trinità, fondato intorno all’Anno Mille come monastero benedettino e diventato rapidamente un importante centro di culto. All’interno della spaccatura principale, invece, si trova la piccola Cappella del Crocifisso, abbarbicata sopra un masso precipitato nel XV secolo e luogo di raccoglimento prediletto da San Filippo Neri.

La profonda religiosità che permea la Montagna Spaccata emerge anche nelle storie di pirati legate al luogo. Una in particolare narra che un marinaio turco, non credendo all’origine divina delle fenditure, abbia appoggiato una mano sulla roccia per saggiarne la consistenza e la pietra si sia “ammorbidita” all’improvviso. Verità o leggenda? Il confine, ancora una volta, è labile: all’interno della spaccatura principale è presente quella che sembra l’impronta di un palmo e di cinque dita.

Senza dubbio, la Montagna Spaccata è un luogo pieno di suggestioni. Se volete saperne di più, qui trovate sette curiosità sulle sue storie e i suoi misteri!

1. Una montagna di fede

A picco sul braccio di mare che bagna Gaeta, la Montagna Spaccata deve il suo nome a tre profonde fenditure – ma c’è chi ne conta solo due – che scavano la falesia per tutta la sua altezza. In che modo e quando si siano formate non è chiaro, esiste però un’antica credenza popolare che le fa risalire alla morte di Cristo.

In base alla tradizione, un forte terremoto avrebbe colpito il promontorio che costituisce la propaggine sud-occidentale del Monte Orlando quando il Figlio di Dio ha esalato l’ultimo respiro. Nello stesso momento in cui, a Gerusalemme, il velo del Tempio si è squarciato.

A suggellare la leggenda c’è una lapide all’interno della fenditura principale, che riporta un verso del Vangelo secondo Matteo: “Gesù rese lo spirito, la terra tremò e le rocce si spaccarono”.

2. I pirati della Montagna Spaccata

La fenditura più a ovest della Montagna Spaccata custodisce a livello del mare una profonda cavità naturale. A quanto pare, un tempo, l’anfratto serviva da approdo ai pirati saraceni che imperversavano lungo la costa e per questo si sarebbe guadagnato il nome di “Grotta del Turco”.

La cavità abbraccia uno specchio d’acqua azzurra cristallina e in passato poteva essere raggiunta percorrendo una scala lunga 275 gradini. Oggi la discesa si arresta dopo 60 scalini per motivi di sicurezza, ma un piccolo belvedere permette di ammirare la grotta dall’alto.

Alla (probabile) presenza dei corsari arabi è legata anche una leggenda, che ha a che fare con una misteriosa impronta nello squarcio principale della Montagna Spaccata. Secondo la tradizione, un marinaio turco, che non credeva che le fenditure si fossero aperte alla morte di Cristo, avrebbe appoggiato una mano sulla roccia e questa sarebbe diventata all’improvviso morbida.

In realtà, le “cinque dita” e il “palmo” che si vedono nella parete della spaccatura sono il risultato dell’erosione dovuta allo scorrere dell’acqua e dello sfioramento da parte di innumerevoli fedeli. Ma la suggestione è fortissima, al punto che sotto all’impronta c’è un’iscrizione in latino che recita: “Improba mens verû renuit quod fam fatetu credere, at hoc digitis saxa liquata probant.”. Ovvero: "Un miscredente si rifiutò di credere ciò che la tradizione riferisce, lo prova questa roccia ammorbiditasi al tocco delle sue dita"


3. Il Santuario della Santissima Trinità

Sulla cima del Monte Orlando, sopra la falesia scavata dalle tre fenditure, sorge il Santuario della Santissima Trinità. Il complesso religioso è stato eretto dai monaci benedettini intorno all’Anno Mille, sulle rovine della villa del condottiero e console romano Lucio Munazio Planco, ma l’aspetto attuale è frutto di un intervento posteriore.

Il santuario è stato profondamente rimaneggiato nel XIX secolo dai padri francescani alcantarini, inviati da Ferdinando II ad amministrare il luogo di culto dopo che la comunità benedettina era andata via. La chiesa è stata ripensata secondo gli stilemi propri del barocco napoletano e spagnolo e presenta una sola navata con volta a botte e numerose cappelle laterali.

La presenza dei benedettini e dei francescani (che hanno retto il santuario fino al 1903) è ricordata da tre statue di San Benedetto, San Francesco e Sant’Antonio, mentre la pala sull’altare maggiore è dedicata alla  Santissima Trinità. All’interno della chiesa è custodito anche un “Gruppo della Pietà”, realizzato dallo scultore Giovanni Duprè e oggetto di profonda devozione.

4. La cappella sulle rocce

No, la vista non inganna. Nella fenditura principale della Montagna Spaccata è “incastonata” – letteralmente – una piccola chiesa di forma circolare. La Cappella del Crocifisso è stata costruita nel XV secolo, sopra un masso franato dall’alto della falesia e rimasto incastrato tra le scoscese pareti di roccia.

L’oratorio sul Monte Orlando è stato meta di pellegrinaggio per papa Pio IX e si dice che tra le sue mura abbiano pregato i santi Francesco d’Assisi, Benedetto da Norcia, Bernardino da Siena e Ignazio di Loyola. Filippo Neri, addirittura, avrebbe maturato la sua vocazione proprio qui. La tradizione racconta che il santo viveva in una delle fenditure della Montagna Spaccata e riposava sulla nuda terra in una cavità nella roccia.

Il “letto di San Filippo Neri” è visibile ancora oggi e si trova poco prima dell’ingresso della cappella. Quest’ultima è dotata di una sorta di piccola terrazza da cui si gode una straordinaria vista panoramica, ma per raggiungerla non è necessario salire, anzi: basta scendere una trentina di gradini. La scala – lungo la quale si trova anche “l’impronta del turco” – inizia dopo un piccolo oratorio dedicato al “santo della gioia” ed è scandita da 14 bassorilievi che rappresentano le stazioni della Via Crucis.

5. Il pellegrinaggio della Passione di Cristo

Il pellegrinaggio della Passione di Cristo è una tradizione molto antica della Montagna Spaccata. In passato, le 14 stazioni erano dislocate lungo la strada che da Gaeta porta al Santuario della Santissima Trinità. Poi, Ferdinando II ha fatto demolire le antiche edicole per esigenze militari, ma ha aiutato i francescani che reggevano il complesso religioso ad allestire una nuova Via Crucis.

Il risultato è un percorso devozionale che si snoda lungo un vero e proprio corridoio a cielo aperto tra il santuario e la Cappella di San Filippo. Le tappe della Passione di Cristo sono segnalate da quadri in maiolica realizzati nel 1849 dal ceramista Raimondo Bruno e sono “raccontate” da versi attribuiti al poeta Metastasio (al secolo Pietro Trapassi).

6. La tomba del console

Il monastero benedettino da cui si è sviluppato il Santuario della Santissima Trinità è stato costruito sui resti di una grande villa romana. Alcune rovine dell’imponente domus appartenuta al potente console e condottiero Lucio Munazio Planco sono ancora visibili nei pressi del complesso religioso. Ma a ricordare il profondo legame con Gaeta di colui che ha proposto il titolo di “Augusto” per Ottaviano è soprattutto il massiccio mausoleo che si staglia in cima del Monte Orlando.

La monumentale sepoltura è caratterizzata da pianta circolare e copertura a tumulo e presenta un paramento esterno in opera quadrata. La tomba celebra il potere del “generale di Tivoli” con la sua maestosità e racconta le gesta di Planco nel fregio che si sviluppa lungo tutta la circonferenza (di ben 93 metri).

Il brillante politico e uomo d’armi ha combattuto al fianco di Cesare in Gallia e durante la guerra civile e ha avuto un ruolo chiave nella lotta per il potere dopo la morte del “Divus Iulius” . Planco era grande amico di Marco Antonio, ma quando ha capito che non faceva più gli interessi di Roma, bensì di Cleopatra, lo ha tradito e ha dato il via alla catena di eventi che ha portato alla morte del triumviro ad Azio.

La maestosa tomba alla sommità del Monte Orlando è una delle sepolture del genere meglio conservate della romanità, ma può essere ammirata solo da fuori. L’interno – composto da quattro celle funerarie, disposte in corrispondenza dei punti cardinali e collegate da un corridoio ad anello – non è accessibile.

7. Un luogo strategico

Il console e generale Lucio Munazio Planco amava Gaeta per la bellezza dei luoghi, ma anche per la posizione strategica e per il fatto che il territorio presenta vere e proprie fortificazioni naturali. Monte Orlando permetteva di dominare il mare e la costa e la sua importanza militare è proseguita a lungo dopo l’epoca romana.

Il promontorio sul Golfo di Gaeta è stato utilizzato soprattutto dagli Aragonesi e dai Borboni, che tra il XIV e il XVIII secolo hanno costruito un esteso sistema di strutture per il controllo e la difesa della zona. I bastioni che si innalzano tra le rocce e la vegetazione prendono il nome di batterie e non solo resistevano agli attacchi dei nemici con le loro mura poderose, ma consentivano di rispondere al fuoco per mezzo di piazzole e feritoie.

Le batterie “Regina”, “Phillipsthal” (costruita dall'omonimo principe), “Dente di Sega” e “Cinquepiani” sono tutt’oggi visibili sul Monte Orlando, così come diverse polveriere. Queste ultime erano depositi di materiale bellico (soprattutto polvere da sparo, come rivela il nome) ed erano protetti da strutture rinforzate. Tra quelle meglio conservate della zona ci sono la “Carolina”, la “Ferdinando” e la “Trabacco”.

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