Il nome della Grotta della Poesia è legato a una leggenda. Una storia di origini incerte racconta che una bellissima principessa amava fare il bagno nello specchio d’acqua al suo interno. L’avvenenza della giovane richiamava schiere di ammiratori e ben presto poeti e scrittori hanno iniziato a comporre versi ispirati a lei.
In realtà, il toponimo sembra derivare dalla parola greca “posia”, che indica una sorgente di acqua dolce. Probabilmente, nella zona era presente una fonte o un rivo che oggi non esiste più.
La Grotta della Poesia a Roca Vecchia (Lecce) si è formata per l’azione erosiva dell’acqua ed è composta da due cavità collegate al mare da uno stretto canale. Il soffitto è crollato e ha trasformato la grotta in una piscina naturale che è diventata una delle mete più gettonate del Salento. Ma l’affollamento e il poco rispetto da parte di molti visitatori hanno provocato gravi danni alla falesia di roccia bianca che circonda lo specchio d’acqua cristallina.
L’amministrazione locale ha deciso di istituire un biglietto di ingresso e dal 2014 non è più possibile fare il bagno nella Grotta della Poesia e tuffarsi dalla scogliera circostante. Tuttavia, il divieto di balneazione viene spesso ignorato.
Lo sfruttamento sconsiderato mette a rischio un’area non solo di grande valore ambientale e paesaggistico, ma anche storico. Nel 1983, l’archeologo Cosimo Pagliara ha rinvenuto all’interno della cavità più piccola una serie di iscrizioni che testimoniano che la Grotta della Poesia era conosciuta dai Messapi (una tribù presente in Puglia dall’VIII secolo a.C.) ed era il luogo di culto di un’antica divinità chiamata Taotor.
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