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Pitigliano: la piccola Gerusalemme d'Italia

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Pitigliano è uno dei “Borghi più Belli d’Italia” e basta uno sguardo per capire perché. Il piccolo abitato sorge nella cosiddetta “Area del Tufo”, aggrappato a uno sperone di roccia con cui forma un tutt’uno, ed è immerso in una natura lussureggiante. La zona dove si trova il paese è stata popolata fin dall’antichità, poi è diventata un importante centro etrusco.

Del misterioso popolo che ha vissuto nel centro Italia tra il IX e il I secolo a.C. restano numerose tracce. Le più importanti sono le “via cave” – antiche strade scavate tra pareti di roccia – e le necropoli visibili nel Museo Archeologico all’Aperto Albero Manzi e nel Parco Archeologico Città del Tufo.

Dopo l’epoca etrusca c’è un “salto temporale” e Pitigliano “ricompare” in una bolla del 1061 come territorio della Contea di Sovana amministrata dagli Aldobrandeschi. In seguito, il borgo è diventato un possedimento degli Orsini, sotto i quali ha assunto il ruolo di capitale dell’omonima contea, prima di venire annesso al Granducato di Toscana.

Durante il dominio degli Orsini, Pitigliano ha iniziato ad accogliere numerosi ebrei, fino a diventare una vera e propria “città rifugio” e a guadagnarsi il nome di “Piccola Gerusalemme”. La comunità ebraica del borgo ha prosperato e vissuto in pace fino all’Ottocento, lasciando una ricca memoria non solo architettonica e artistica, ma anche culturale e sociale.

Pitigliano è un luogo di storia, natura, fede, accoglienza e integrazione e custodisce un gran numero di tesori e curiosità: se volete saperne di più, leggete qui!

La Piccola Gerusalemme

Pitigliano ha accolto per molto tempo una folta comunità ebraica e per questo si è guadagnato il nome di Piccola Gerusalemme. Il primo insediamento risale al Quattrocento, ma ha assunto dimensioni importanti nel secolo successivo, in seguito ai provvedimenti restrittivi del Papa e del Granduca di Toscana. Il borgo è diventato una “città rifugio” e gli ebrei che vi abitavano hanno mantenuto la loro posizione nella società anche dopo il confinamento nei ghetti.

L’Ottocento ha segnato l’epoca di maggiore espansione e floridità della comunità, mentre il Novecento è iniziato all’insegna di un lento declino. Poi, le leggi razziali e le persecuzioni della II Guerra Mondiale hanno portato alla quasi totale diaspora degli ebrei di Pitigliano (molti dei quali sono stati salvati dalla popolazione locale). La lunga storia di accoglienza e integrazione del borgo, però, non è andata perduta.

La memoria della comunità permane nella sinagoga – costruita nel 1598 e riaperta qualche anno fa dopo un importante restauro – e nel ghetto, dove si trovano il forno delle azzime, il bagno rituale e il cimitero. Ma non solo. All’interno della sinagoga è ospitato il Museo Ebraico e la Cantina Sociale produce vino kosher.

Palazzo Orsini

Palazzo Orsini è sorto come convento tra l’XI e il XII secolo, ma a metà di quello successivo è stato comprato dagli Aldobrandeschi di Sovana per farne la propria residenza. La potente famiglia toscana l’ha trasformato in una rocca e l’ha eletto a centro del potere istituzionale di Pitigliano, tuttavia non vi ha vissuto a lungo. Il palazzo e la contea di Sovana sono diventati patrimonio degli Orsini nel 1293, in seguito al matrimonio tra il giovanissimo Romano e l’ultima discendente degli Aldobrandeschi, Anastasia di Montfort.

Il dominio della nobile famiglia romana – una delle più antiche d’Europa – si è protratto per diversi secoli, durante i quali la rocca è stata profondamente rimaneggiata. L’intervento più significativo è stato effettuato da Antonio da Sangallo il Giovane, che ha “aggiornato” le fortificazioni per resistere alle nuove armi da guerra e ha fatto diventare il castello una elegante residenza rinascimentale.

Palazzo Orsini non è solo un edificio di grande pregio architettonico e un simbolo della storia di Pitigliano, ma è anche sede del Museo Diocesano di Arte Sacra e del Museo Archeologico. Inoltre ospita in maniera continuativa mostre ed eventi.

L’Acquedotto Mediceo

L’Acquedotto Mediceo porta il nome della famiglia che ne ha completato la costruzione, ma il progetto ha preso forma durante la dominazione degli Orsini. I signori della Contea di Pitigliano volevano migliorare l’approvvigionamento idrico della propria residenza e della città e hanno incaricato Antonio da Sangallo il Giovane di realizzare un’opera per rispondere all’esigenza.

I lavori si sono rivelati subito complessi, sia per l’irregolarità del terreno, che per la grande pendenza tra il borgo e la valle dove scorrono i tre fiumi – Lente, Meleta e Prochio – che alimentavano l’acquedotto. L’ambiziosa infrastruttura è stata portata a termine dai Medici nel 1638, poi è stata ristrutturata e rinnovata nel Settecento dai Lorena, che hanno aggiunto la successione di piccole arcate.

L’acquedotto si staglia sulla zona sud-ovest del centro storico di Pitigliano ed è completamente rivestito di tufo, materiale principe della omonima Area del Tufo dove sorge il borgo.

La Fontana delle Sette Cannelle

La Fontana delle Sette Cannelle è una fontana monumentale, che “chiude” il lato sud della centrale Piazza della Repubblica e completa la struttura dell’Acquedotto Mediceo. Il legame con l’opera di Antonio da Sangallo il Giovane è strettissimo, non solo per la collocazione, ma anche per l’architettura ad archi che riecheggia quella dell’acquedotto e perché attinge l’acqua da quest’ultimo.

La Fontana delle Sette Cannelle è stata realizzata per volere di Gianfranco Orsini nel 1545, ma il nome attuale è stato coniato in seguito. Per l’esattezza nel Settecento, quando l’opera è stata dotata di sette “tubicini” per l’erogazione dell’acqua. Le cannelle sono decorate da vari fregi e ciascuna è contraddistinta da una testa di animale.

Le vie cave

A prima vista sembrano delle strette gole tra alte e incombenti pareti di roccia, in realtà sono delle vere e proprie “strade”. Le vie cave – anche dette “cavoni” e “tagliate” – sono state scavate dagli Etruschi nelle colline dell’Area del Tufo e compongono una sistema viario riutilizzato e ampliato in epoca romana.

Nella zona di Pitigliano ce ne sono diverse e tra quelle percorribili si annoverano le vie cave del Gradone, di San Giuseppe, di Fratenuti, della Madonna delle Grazie e di Poggio Cani. Le tagliate della “Piccola Gerusalemme” possono essere esplorate seguendo un percorso che le connette tutte o altri tracciati che le collegano alle vie cave dei borghi di Sovana, Sorano e San Quirico e conducono ai centri abitati.

Il tour delle tagliate di Pitigliano misura una decina di chilometri, mentre gli altri itinerari hanno una lunghezza che varia da tre a otto chilometri e possono essere percorsi a piedi o a cavallo. 

Il Museo Archeologico all’Aperto Albero Manzi

Ai più giovani non dice nulla, ma Alberto Manzi è stato una celebrità televisiva ante litteram. Educatore e pedagogista, tra il 1960 e il 1968 ha condotto Non è mai troppo tardi, una trasmissione che ha permesso a un milione e mezzo di italiani di conseguire la licenza elementare. Ma che c’entra con Pitigliano?

Alberto Manzi è stato sindaco del piccolo borgo dal 1995 al 1997 – anno in cui è morto per una grave malattia – e durante il suo mandato ha messo in cantiere il progetto di un parco didattico. L’idea dell’illustre primo cittadino è stata portata avanti dall’amministrazione successiva e ha preso forma nel Museo Archeologico all’Aperto Albero Manzi.

Il sito è un percorso didattico educativo e informativo nella campagna che circonda Pitigliano e comprende due sezioni: la Città dei Vivi e la Città dei Morti. Nella prima si trovano le ricostruzione di una capanna dell’Età del Bronzo e di un’abitazione etrusca del VII-VI secolo a.C. Nella seconda sono presenti numerose tombe etrusche.

Le due zone sono collegate da un percorso tortuoso che ricalca la via cava del Gradone ed è scandita da due punti panoramici. Uno affaccia sul torrente Meleta e il cimitero ebraico e un altro è situato in corrispondenza dell’antica Cappella dei Santi Apostoli Giacomo e Filippo.

Il Parco Archeologico Città del Tufo

Non lontano da Pitigliano si trova il Parco Archeologico Città del Tufo di Sorano, che custodisce numerose testimonianze del passato etrusco della zona, oltre ad alcune vestigia di età tardo antica e medievale. Il sito archeologico è diviso in tre macroaree, la più estesa e importante della quali corrisponde alla Necropoli di Sovana.

L’antico cimitero è tagliato da numerose vie cave – alcune, come quella di San Sebastiano, strette tra pareti di oltre 20 metri – e custodisce sepolture di diversa epoca e struttura, tra cui la Tomba Ildebranda. Intitolata al suo scopritore, Ildebrando da Sovana, la struttura funeraria “a fronte colonnata” è datata tra il III e il II secolo a.C. ed è considerata uno degli esempi più importanti nel genere dell’Etruria.

La seconda macroarea del parco è occupata dall’insediamento rupestre di San Rocco, dove sorge l’omonima chiesa. Il piccolo oratorio risale probabilmente al XIII secolo e custodisce un pregevole affresco di una Madonna col Bambino di fine Seicento.

La terza e ultima include uno degli insediamenti rupestri più estesi e importanti d’Italia, quello di Vitozza. L’area comprende oltre 200 grotte scavate nel tufo fin da epoca molto remota, oltre a numerosi resti di chiese e fortificazioni che documentano la presenza nella zona di un grande feudo.

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