Le saline rivestono da sempre un ruolo di primaria importanza nella storia dei popoli. Nell’antichità, il sale era una preziosa merce di scambio, al punto da essere chiamato “oro bianco”, e ha garantito ricchezza e potere a chi lo produceva. In epoca più recente, la salicoltura è diventata un’importante fonte di lavoro e reddito e ha avuto un grande impatto sul tessuto sociale ed economico di molte realtà.
L’Italia ha una lunga tradizione nella produzione di sale e lungo lo Stivale si trova (ancora) una ventina di saline. La maggior parte è ubicata al sud e sulle isole, ma ne esiste anche una vicino a Cervia, dove viene prodotto il famoso “sale dolce”.
La salicoltura richiede aree pianeggianti, a livello del mare e naturalmente caratterizzate dal ristagno di acqua salmastra, ma la sua pratica è legata anche ad altri fattori naturali e antropici. Per esempio, la Repubblica di Venezia è stata un importante produttore di sale fino al XIV secolo, poi l’attività di estrazione in laguna è andata scemando per una serie di rapidi cambiamenti ambientali.
Per inciso, la Serenissima ha mantenuto il monopolio sull’oro bianco “annettendo” altri territori dove veniva prodotto, acquistandolo e imponendo ai mercanti che tornavano a Venezia di trasportare del sale sulle loro navi come “zavorra” (la cosiddetta “ordo salis”).
Le saline hanno anche un grande importanza dal punto di vista naturalistico. Le vasche di evaporazione e raccolta, i canali, gli argini, le zone “salate” e dolci” costituiscono una grande quantità di ambienti, che sono l’habitat di una enorme varietà di specie animali e vegetali. Gli uccelli acquatici (stanziali e migratori) sono i principali abitanti delle saline, che non a caso sono tra i luoghi per eccellenza del birdwatching.
Qui ne trovate 8 da visitare per il loro patrimonio culturale e ambientale e per il ruolo che rivestono nel sistema produttivo italiano.