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Streghe d’italia: 7 borghi da scoprire

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Masche, janare, striare, magare e non solo: praticamente ogni regione d’Italia ha un proprio modo per chiamare le streghe. Del resto, le storie che le hanno per protagoniste non mancano. Alcune sono leggende popolari, racconti ora spaventosi ora fiabeschi, intrecciati intorno a un fatto curioso o inspiegabile. Ma altre sono eventi reali e terribili.

La “caccia alle streghe” che tra la fine del Medioevo e l’Inizio dell’Età Moderna ha imperversato per tre secoli in Europa e nel Nord America non ha risparmiato l’Italia. In molte città, borghi e paesi è stata perpetrata una persecuzione sanguinaria nei confronti di donne ritenute serve e amanti del maligno, ma più spesso diverse, emarginate o “scandalose”.

Di quell’epoca oscura si trova traccia in luoghi come Rifreddo, Brentonico e Triora. Mentre in altri come Castel del Monte, San Lupo, Uggiano e San Fili prevale la dimensione leggendaria e favolistica. Le loro storie sono una testimonianza preziosa di un passato meno lontano di quello che sembra e – in certi casi – profondamente radicato nel presente. Se volete conoscerle, leggete qui.

1. Rifreddo (Piemonte)

Accoccolato ai piedi del Monviso e del Monte Bianco, Rifreddo è stato teatro nel 1495 di un drammatico episodio dell’Inquisizione. Nove donne del paese e del vicino borgo di Gambasca sono state accusate di essere delle streghe – delle “masche” – e di avere perpetrato terribili delitti, compreso avere ucciso e mangiato un neonato.

La causa scatenante è stata la morte di una inserviente dell’Abbazia di Santa Maria della Stella. Prima di spirare, la giovane ha accusato una vedova di Rifreddo, Giovanna Motossa, sulla quale già circolavano voci di stregoneria. La donna ha “confessato” i suoi legami con il demonio e innumerevoli crimini e ha coinvolto altre sventurate.

Gran parte degli atti del processo alle streghe di Rifreddo sono conservati presso l’archivio comunale – cosa che lo rende un unicum in Italia – ma non si sa che fine abbiano fatto le nove accusate. L’intera vicenda è stata ricostruita nel libro Lucea talvolta la luna. I processi alle masche di Rifreddo e Gambasca del 1495 di Rinaldo Comba e Angelo Nicolini e viene ricordata dalla manifestazione “La notte delle streghe”.

2. Brentonico (Trentino-Alto Adige)

Il processo per stregoneria che si è svolto a Brentonico nel 1716 non ha la stessa “fama” di altri in Italia, ma è passato alla storia per quanto è stato pretenzioso e ingiusto. Al punto che, trecento anni dopo, il sindaco del paese ha chiesto e ottenuto la sua riapertura.

La vittima delle persecuzioni che hanno flagellato (anche) il Trentino-Alto Adige si chiamava Maria Bertoletti, detta “la Toldina”. La donna è stata accusata di molteplici nefandezze (compreso l’infanticidio e la fornicazione con Satana) ed è stata riconosciuta colpevole da un tribunale laico. Già all’epoca la sentenza – raggiunta in un unico atto di giudizio - era apparsa “iniqua”, ma i dubbi non hanno impedito che Maria Bertoletti venisse decapitata e il suo corpo bruciato sulla pubblica piazza.

Gli studi condotti in seguito hanno portato a ritenere con ragionevole certezza che la Toldina sia stata denunciata da alcuni familiari per questioni di soldi. La donna era vedova, risposata e senza figli – una condizione “scandalosa”, che la rendeva un facile bersaglio per le maldicenze – e l’accusa di stregoneria ha trovato terreno fertile.

La triste storia di Maria Bertoletti è diventata un caso emblematico dell’epoca oscura della “caccia alle streghe” ed è stata raccontata e approfondita da Ilaria Simeone nel libro Streghe. Le eroine dello scandalo.

3. Triora (Liguria)

Triora è “il paese delle streghe” e “la Salem d’Italia”. La fama sinistra del piccolo borgo in provincia di Imperia è legata a quello che è considerato il più grande e crudele processo alla streghe celebrato nello Stivale. Le donne arrestate e torturate sono state decine, di ogni età e ceto sociale, e della maggior parte di loro non si conosce la sorte.

La persecuzione è iniziata nel 1587, in seguito a una terribile carestia. La gente del posto ha puntato il dito contro venti “streghe”, che ben presto sono diventate trenta. A Triora sono arrivati i vicari degli inquisitori di Genova e Albenga, alcune case sono state trasformate in prigioni e si è instaurato un vero e proprio clima di terrore.

La situazione è peggiorata ancora con l’arrivo da Genova del “commissario speciale” Giulio Scribani. L’uomo ha decretato decine di condanne a morte, spingendo il Doge a richiamarlo e a inviare tre delegati per effettuare una revisione dei processi. La persecuzione ha avuto fine solo ad agosto del 1589, dopo che la Chiesa ha ordinato di chiudere tutti i procedimenti in corso.

I drammatici fatti di Triora sono stati alimentati da un miscuglio di ignoranza, fede e superstizione, ma è probabile che a scatenarli sia stato un insieme di interessi politici, economici e personali. La memoria di quei giorni oscuri è mantenuta in vita dal Museo Etnografico e della Stregoneria, mentre tutt’altro intento ha la manifestazione “Strigora”. La grande festa – organizzata ogni anno la domenica dopo Ferragosto – è un happening giocoso per “rivalutare e smitizzare” la figura delle streghe

4. Castel del Monte (Abruzzo)

Castel del Monte è un borgo strappato alla montagna. Lo spazio è poco e prezioso e gli abitanti sono ricorsi a ingegnosi corridoi ad arco sotto le case – gli “sporti” – per recuperarne quanto più possibile. Al riparo di queste “gallerie urbane” le donne si ritrovavano per cucire, lavorare la lana, preparare le conserve e… scacciare i malefici delle streghe.

Il cosiddetto “ru rite de re sette sporte” è stato praticato fino agli anni ’50 e oggi viene riproposto nella rappresentazione folkloristica itinerante “La notte delle streghe”. Il rituale aveva un fine curativo e veniva praticato quando un bambino si ammalava, perché la gente del posto credeva che la causa fosse il sortilegio di una strega.

Le donne della famiglia e la comare di battesimo vegliavano il piccolo per nove notti, poi prendevano i suoi vestiti e li portavano in processione, facendo tappa sotto sette “sporti”. Il rito si compiva in silenzio e si concludeva a un crocevia. Qui le donne battevano gli abiti del bambino e poi li bruciavano per scacciare il male che affliggeva il piccolo.

5. San Lupo (Campania)

San Lupo è un borgo della provincia di Benevento, una terra che vanta una lunga tradizione di streghe o per meglio dire “janare”, e nel suo piccolo non fa eccezione. Anzi. La tradizione vuole che fosse uno dei luoghi dove venivano celebrati i sabba. Le sfrenate feste in onore del maligno avvenivano vicino al torrente detto – non a caso – delle Janare e proprio lungo il corso d’acqua, dopo un rito, è stata ritrovata una neonata. Non è chiaro perché la bambina fosse lì (era stata rapita? Era la figlia di una strega?), ma una coppia di San Lupo ha deciso di adottarla.

Una volta cresciuta, la ragazzina ha iniziato a occuparsi delle greggi della famiglia e un giorno è stata notata dal maturo signore del Castello di Limata. La giovane ha resistito alle sue avances e l’uomo, per vendicarsi, ha raccontato di averla sorpresa a celebrare riti satanici. La maldicenza ha avuto tragiche conseguenze: la gente del posto è andata a prendere la ragazzina e l’ha uccisa gettandola da quello che oggi è il “Ponte delle Janare”.

Il corpo non è stato ritrovato e qualche tempo dopo hanno iniziato a circolare voci su una figura femminile che danzava nuda vicino al torrente. Nessuno è mai riuscito ad avvicinarla, fino a che un lontano discendente del signore del Castello di Limata ha seguito la misteriosa apparizione ed è scomparso senza lasciare traccia...

6. Uggiano (Puglia)

La leggenda delle streghe che danzano e celebrano il demonio intorno a un noce è un “caposaldo” della tradizione beneventana, ma anche in Puglia esiste qualcosa di simile. La tradizione popolare vuole che a Uggiano ci sia un albero di Juglans regia “invisibile”, dove un tempo “striare” e stregoni si riunivano per celebrare misteriosi riti magici.

I sabba al “noce del mulino a vento” si tenevano durante gli equinozi e i solstizi e a essi prendeva parte anche la moglie dell’oste di Uggiano. L’uomo non aveva problemi con il “segreto” della donna, anzi: una sera in cui c’era un rito ed era rimasto senza vino né cibo, ha pensato di recarsi all’albero sacro per farsi aiutare.

L’idea si è rivelata pessima. L’oste ha sbagliato la formula magica per essere ammesso al sabba e si ritrovato sospesa per aria a testa in giù. Senza il provvidenziale intervento della moglie, sarebbe morto. Da allora, per evitare incidenti e tenere lontani i curiosi, l’albero è stato reso invisibile con un incantesimo. Nessuno sa dove si trovi, ma alcune voci sostengono che sorga nei pressi di un frantoio alimentato da un mulino, da cui il nome. 

7. San Fili (Calabria)

Le “magare” in dialetto calabrese sono le streghe, ma in principio il significato del termine era diverso e indicava donne affascinanti e con una grande conoscenza delle erbe e dei rimedi naturali. L’accezione più antica è ancora radicata a San Fili, che non a caso è detto “il paese delle magare” e festeggia la “Notte delle magare”.

Il piccolo borgo è pervaso di suggestioni e tra le sue strade e i suoi palazzi si racconta che si aggiri una creatura magica, la “Fantastica”. La leggenda narra che in origine fosse una madre che, perso tragicamente il figlio, è scivolata nella pazzia e ha iniziato a vagare per San Fili vestita da sposa, fermando i bambini del paese in cerca del suo.

La Fantastica veniva evocata per spaventare i più piccoli e fare in modo che non si allontanassero troppo quando giocavano, ma non è una creatura malvagia. Al contrario, è ritenuta una sorta di protettrice del paese. La misteriosa creatura compare ai trivi e Piazza Francesco Cesario – dove si incontrano il bivio per Bucita, la strada che porta a Paola e via Manca – è il luogo dove si manifesterebbe più spesso.

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