Tappa 39 - Da Bolsena (basilica di Santa Cristina) a Montefiascone (Rocca dei Papi), 17.7 km
Dislivello: +590, -280.
Comuni attraversati: Montefiascone. Comuni vicini: Bagnoregio.
Come arrivare: dalla stazione ferroviaria di Orvieto, autobus Co.Tral e Sira (E652).
Descrizione: È ormai palese il mutamento dei paesaggi rispetto alla Toscana: ora la vegetazione è più selvaggia, i boschi più frequenti e fitti e sempre più spesso ci si trova a passeggiare in mezzo ad ordinati uliveti. La tappa è breve ed il saliscendi non sfiancante, addolcito dalle splendide viste sul lago.
Per chi volesse inoltrarsi in un territorio che ha molto da offrire a un viaggiatore nuovo della zona, è possibile effettuare una lunga deviazione (+15 km circa) fino a raggiungere Civita di Bagnoregio, la cosiddetta “città che muore”: minuscolo borgo arroccato sulla cima di una collina, è circondato da ogni parte da una deserta vallata di calanchi, la cui conformazione argillosa rende il borgo fragile e la sua bellezza ancor più struggente.
Montefiascone, patria del delizioso vino Est Est Est, è un borgo che si arrampica su una collina impervia e da lì domina la regione circostante. Dalla Torre dei Pellegrini si ha accesso ad una vista a 360° (nelle giornate più limpide, si intravede addirittura, in lontananza, la rocca di Radicofani). Vale la pena anche visitare la Concattedrale di Santa Margherita, in particolare la cripta, una splendida struttura di pietra a pianta centrale che ospita il santuario di Santa Lucia.
Si consiglia, infine, una visita alla chiesa di San Flaviano Martire (detta anche basilica di San Flaviano), di origini medievali e situata al margine del territorio comunale di Montefiascone sulla Via Francigena. Si tratta di un edificio in stile romanico lombardo, risalente all’XI secolo e rimaneggiato nei secoli successivi. Una curiosità su questa chiesa: qui venne sepolto, nel 1113, il vescovo tedesco Johannes Defuk. Egli, di ritorno da Roma, si era fermato a Montefiascone attratto dalla bontà del vino locale e ci era rimasto fino alla morte. Il servo Martino ne curò la sepoltura e fece incidere sulla lapide un'iscrizione, ancor oggi visibile: «Est est est pr nim est hic Jo De Fuk do meus mortuus est» (Per il troppo EST! qui giace morto il mio signore Johannes Defuk).
Anche in questo tratto, le possibilità di rifornimento idrico sono scarse e limitate alla prima parte e all’arrivo.
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