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Tutto su Papasidero, il borgo della grotta del romito

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Disteso nella Valle del Fiume Lao, all’interno del Parco Nazionale del Pollino, Papasidero è un piccolo borgo medievale con meno di mille abitanti, ma è un vero e proprio “scrigno di tesori”.

Il più importante e famoso è senza dubbio il sito archeologico preistorico della Grotta del Romito. Nell’area in località Nuppolara sono stati rinvenuti (fino ad ora) i resti di nove uomini e donne di Cro-Magnon, vari reperti litici e – soprattutto – un’eccezionale incisione rupestre di un “bue primitivo”. Il graffito del Bos primigenius presenta uno straordinario livello di realismo e accuratezza ed è considerato una della più pregevoli espressioni di arte preistorica.

Fuori dall’abitato sorge anche il Santuario della Madonna di Costantinopoli, un antico luogo di culto ancora oggi meta di pellegrinaggio non solo dalla Calabria, ma pure dalla Basilicata. Eretto nel XVII secolo sui resti di una chiesetta medievale, ha assolto il ruolo di lazzaretto durante l’epidemia di peste del 1656, poi è stato ampliato e ristrutturato e oggi conserva pregevoli arredi e opere d’arte.

Altri due importanti edifici religiosi si trovano nel centro storico di Papasidero: la Chiesa di San Costantino e la Cappella di Santa Sofia. Entrambe sono ben conservate, a differenza del castello che un tempo dominava il borgo. L’antica fortezza – probabilmente di origine longobarda – è ridotta a un rudere, ma insieme ai resti delle mura rappresenta una preziosa testimonianza del passato medievale del paese.

La ricchezza di Papasidero, però, non è solo storica e spirituale. Il comune fa parte della Riserva della Valle del Fiume Lao – famosa per il rafting e il canyoning – ed è vicino alla Riviera dei Cedri, dove si trovano alcune delle più rinomate località balneari della Calabria.

Il piccolo borgo in provincia di Cosenza ha tanto da offrire ed è tutto da scoprire. Se vi ha incuriosito e cercate qualche “dritta” per esplorarlo, leggete qui!

Un nome dibattuto

L’origine del nome “Papasidero” è poco chiara. Alcuni ritengono che il piccolo borgo sia sorto sul territorio dell’antica Skidros o Scidro – una colonia di Sibari – e che il toponimo sia un adattamento di quello della città greca. Altri pensano che abbia a che fare con il capo di una comunità monastica basiliana della zona, che per via del suo status veniva chiamato “papas Isidoros”, ovvero “prete Isidoro”.

Ma né l’una né l’altra ipotesi può essere provata senza dubbio e nell’incertezza ha preso forma una terza. A formularla è stato il saggista, critico e traduttore Enzo Papa. Lo studioso ritiene che “Papasidero” derivi dalla parola greca composta “Hapa-siderion” e significhi “luogo tutto di verbena”, in riferimento alla grande diffusione della pianta nella zona.

L’impronta medievale

Le prime informazioni scritte su Papasidero risalgono al XIII secolo, ma il piccolo insediamento nella valle del fiume Lao è sorto in epoca più antica. È probabile che a fondare il borgo dopo la caduta dell’Impero Romano siano stati i Longobardi, ai quali viene attribuita anche la costruzione del castello che domina Papasidero. Per altri, invece, la fortezza risalirebbe a un’epoca posteriore e avrebbe un’origine normanno-sveva.

Per certo, il maniero ha avuto a lungo un ruolo di controllo e difesa del territorio ed era il punto di raccordo di una grande cinta di mura che abbracciava tutto l’abitato. Dell’uno e dell’altra restano i ruderi e poche tracce, ma l’impronta medievale di Papasidero è ben visibile nel centro storico e in alcuni edifici sacri come la Chiesa di San Costantino e la Cappella di Santa Sofia.

La Chiesa di San Costantino è sorta nel XV secolo, ma è stata più volte rimaneggiata in quelli successivi. Prima parrocchia e poi “chiesa ricettizia” (una “corporazione” di preti che gestiva in massa comune un patrimonio di natura laica), custodisce diversi elementi di pregio. Tra i suoi “tesori” ci sono due acquasantiere e il fonte battesimale databili tra Trecento e Quattrocento e una tela di scuola napoletana.

La Cappella di Santa Sofia è più antica – viene attribuita ai monaci basiliani e collocata tra l’XI e il XIII secolo – e conserva un ciclo di affreschi realizzato in tre epoche diverse. Il nucleo originale risale al 1504 ed è un polittico che rappresenta la Deposizione, Sant’Apollinare, Santa Caterina, Santa Lucia e i Santi Pietro e Paolo. Poi nel 1569 sono stati aggiunti San Rocco e San Biagio e più o meno mezzo secolo dopo Santa Sofia e Santa Maria di Costantinopoli.

Il Santuario della Madonna di Costantinopoli

Aggrappato alla parete di roccia che scende a picco sul fiume Lao, il Santuario della Madonna di Costantinopoli è un severo edificio con pianta a “T” e campanile a base quadrata con cuspide piramidale. Il suggestivo luogo di culto è stato costruito nel XVII secolo dai monaci basiliani e sorge sui resti di una chiesetta medievale.

L’antico oratorio è stato usato come lazzaretto durante l’epidemia di peste che nel 1656 ha colpito la zona ed è per questo che il ponte in pietra che un tempo conduceva al santuario era detto “della rognosa”. Di quell’artefatto – anch’esso di epoca medievale – resta solo una campata, sovrastata dal viadotto costruito nel 1904 dal cittadino più illustre di Papasidero, oltre che suo grande benefattore, Nicola Dario.

All’epoca della “morte nera” risale pure la decisione degli abitanti del borgo di elevare a santo patrono la Madonna di Costantinopoli, relegando San Rocco al ruolo di compatrono. I motivi non sono del tutto chiari: l’ipotesi è che i fedeli abbiano voluto ringraziare la Vergine per avere preservato – almeno in parte – Papasidero dalla peste. Quello che è certo è che il cambiamento ha avuto come immediata conseguenza un ampliamento del santuario, al quale sono seguiti altri due nel Settecento e nell’Ottocento.

L’antica chiesa custodisce una statua della Madonna di Costantinopoli e un affresco su roccia del XVII secolo che raffigura la Vergine in trono con Bambino ed è meta di pellegrinaggio non solo dalla Calabria, ma anche dalla Basilicata.

In viaggio nella preistoria

Papasidero è un piccolo borgo, ma custodisce una delle più importanti testimonianze della preistoria in Italia e in Europa, la Grotta del Romito. Il sito è stato abitato dal Paleolitico Superiore al Neolitico e ha restituito diverse sepolture, numerosi reperti litici e una serie di incisioni rupestri, tra cui spicca quella di un “bue primitivo” (Bos primigenius).

Il graffito raffigura un uro – un bovino estinto – ed è così accurato che il paletnologo e antropologo Paolo Graziosi l’ha definito “la più maestosa e felice espressione di arte verista paleolitica in area mediterranea”. Il disegno dell’antico toro è lungo 120 centimetri e si trova su un masso tra la Grotta del Romito vera e propria e un’area all’aperto, “riparata” da uno sperone di roccia e per questo detta il Riparo del Romito.

Sulla grande pietra sono anche presenti due graffiti di bovidi incompleti, mentre davanti c’è un altro masso fittamente ricoperto di segni lineari. Questi ultimi sono un motivo ricorrente dell’arte rupestre europea, ma il loro significato è (ancora) misterioso.

La datazione dei graffiti è complessa, ma è probabile che quello del Bos primigenius sia stato realizzato tra 14mila e 12mila anni fa. Allo stesso intervallo di tempo risalgono anche i nove scheletri trovati nella Grotta e nel Riparo. I resti appartengono a uomini e donne e la presenza nelle sepolture di ossa e corni di uro ha portato a ipotizzare che il grande bovide avesse una valenza totemica per il gruppo del Romito.

La Grotta e il Riparo sono aperti al pubblico con visita guidata e compongono un sito archeologico che comprende anche un Antiquarium e un’area dove sono state ricostruite tre capanne preistoriche (Archeodromo).

Natura e avventura nel Parco del Pollino

Papasidero si trova all’interno del Parco Nazionale del Pollino e fa parte di una sotto-area protetta, la Riserva Naturale della Valle del Fiume Lao. Il corso d’acqua attraversa il territorio del piccolo comune per ben 15 chilometri ed è caratterizzato da una portata sempre abbondante (anche in estate) e da un lungo tratto “ingolato” tra alte pareti roccia. Per queste due ragioni è una meta molto frequentata dagli appassionati degli sport su torrente.

Sul Lao è possibile andare in canoa, ma anche  - soprattutto – fare rafting e canyoning. Entrambe le attività possono essere praticate a diversi livelli e a Papasidero sono presenti varie realtà che garantiscono esperienze adatte tanto ai principianti che agli esperti.

Nella riserva naturale del Lao è anche possibile fare escursioni lungo il corso del fiume (acqua trekking), giocare a paintball e mettere alla prova nel Parco Avventura il proprio equilibrio e… il proprio coraggio!

La Riviera dei Cedri

Papasidero non solo dista appena una ventina di chilometri dal mare, ma è uno dei comuni della Riviera dei Cedri. Il tratto di costa lungo il litorale tirrenico della Calabria in provincia di Cosenza si chiama così per via della diffusa coltivazione dell’omonimo agrume ed è una rinomata zona turistica.

Dal borgo nella Valle del Lao si possono raggiungere famose località balneari come Praia a Mare, San Nicola Arcella e Scalea, oltre a due delle attrazioni più celebri della riviera: la Grotta Azzurra e la Spiaggia dell’Arcomagno.

La Grotta Azzurra si trova sull’Isola di Dino, di fronte a Praia a Mare, e deve il suo nome alla limpida acqua turchese che ne lambisce le pareti. Ma la suggestiva cavità non è che una delle tante scavate nell’aspra montagna che emerge dal mare vicino alla costa. A poca distanza ci sono la Grotta delle Cascate, caratterizzata da un continuo ruscellare d’acqua, e la Grotta del Leone, così detta per una roccia che sembra un leone accovacciato.

La Spiaggia dell’Arcomagno è situata nel territorio di San Nicola Arcella ed è una piccola mezzaluna di sabbia, sovrastata da uno sperone di roccia in un cui si apre un arco naturale (da cui il nome). La caletta è bagnata da un mare turchese e su un lato è chiusa dalla “Grotta del Saraceno”. La cavità custodisce una sorgente di acqua dolce e si chiama così perché – secondo la tradizione – era un approdo dei conquistatori arabi che arrivavano in Italia.

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