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Viterbo: cose da fare e vedere nella città dei papi

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Viterbo è la “città dei papi” e non si tratta di un malinteso né di un appellativo simbolico. Il capoluogo della omonima provincia nel Lazio settentrionale è stato sede pontificia dal 1257 al 1281, allorché papa Alessandro IV ha deciso di abbandonare Roma a causa dell’ostilità del popolo e dei nobili.

La presenza della curia pontificia ha portato a Viterbo potere e prosperità e la città si è arricchita di monumenti come il Palazzo dei Papi. Già residenza dei vescovi, l’edificio è stato ampliato e ristrutturato e ha ospitato quello che viene considerato il primo “conclave” nella storia della Chiesa cattolica. Non solo. Proprio qui, il consesso per l’elezione del papa ha preso il nome con il quale è conosciuto per via … dell’esasperazione dei viterbesi!

La città custodisce anche un grande e ben conservato quartiere medievale ed è impreziosita da un duomo che mescola elementi romanici, rinascimentali e barocchi.

Poco fuori da Viterbo, invece, nella frazione di Bagnaia, sorge una lussuosa residenza di campagna circondata da uno splendido giardino all’italiana, ritenuto uno dei più belli del Belpaese. Villa Lante è sorta per volere del cardinale Giovanni Francesco Gambara ed è stata completata trent’anni dopo da un altro giovane porporato, Alessandro Peretti di Montalto.

Fuori dalle mura cittadine, nella Valle del Faul, si trova anche una suggestiva installazione, che riproduce un gigante che cerca di liberarsi dal terreno nel quale è imprigionato. Ma la grande statua – opera dell’artista americano John Seward Johnson II – non è l’unica “curiosità” di Viterbo. Né la sola scultura “monumentale” della città.

La sera del 3 settembre, una enorme torre illuminata, con in cima una statua di Santa Rosa, avanza per le strade del centro storico, portata a spalle da oltre cento uomini vestiti di bianco di e di rosso. La “Macchina di Santa Rosa” è una tradizione antichissima e contribuisce ad accrescere – se ancora ce ne fosse bisogno – il fascino di Viterbo.

Se volete saperne di più sulla storia, le tradizioni e i monumenti della “città dei papi”, qui trovate alcune informazioni che possono esservi utili!

Il Palazzo dei papi

Il Palazzo dei papi è sorto dopo che Alessandro IV ha spostato la sede pontificia a Viterbo, per offrire un’adeguata sistemazione alla corte papale. L’edificio non è stato costruito da zero, ma ha preso forma dal Palazzo dei vescovi. La (già) lussuosa residenza è stata ampliata dal Capitano del Popolo Raniero Gatti, al quale si deve – tra l’altro – la realizzazione della sala conosciuta come “Aula del conclave”.

Il primo consesso per l’elezione del papa – infatti – si è svolto nel palazzo di Viterbo. Non solo. È proprio qui che ha guadagnato il nome con il quale è chiamato. Tutto ha avuto inizio con la morte di Clemente IV. I cardinali si sono riuniti per designare il nuovo pontefice, ma dopo mesi e mesi non avevano ancora trovato un accordo. La lunga attesa ha esacerbato il popolo, che ha messo in pratica una soluzione drastica.

I cardinali sono stati “clausi cum clave” – “chiusi a chiave” – nella stanza dove erano riuniti, il locale è stato scoperchiato e i pasti sono stati sostituiti da pane e acqua. L’”atto di forza” ha portato all’elezione di Gregorio X e… il conclave ha trovato il suo nome.

Il Palazzo dei Papi – di cui sono celebri la “Loggia delle Benedizioni” e la “Sala Gualtieri”– è stato spogliato e ha subito alcuni danni nel corso dei secoli, ma la struttura architettonica è rimasta per lo più intatta. I crolli più gravi sono avvenuti nel 1277 e nel 1325 e nel primo – ironia della sorte – ha trovato la morte il neoeletto Giovanni XXI.

Il quartiere San Pellegrino

L’epoca di potere e prosperità vissuta da Viterbo in epoca medievale è rimasta “cristallizzata” nel quartiere San Pellegrino. Quest’ultimo si trova nel centro storico della città, lungo la Via Francigena, ed è solcato da un dedalo di vicoli, strade e piazze, collegati all’arteria principale che porta lo stesso nome.

La zona è ben conservata e custodisce numerosi edifici del XIII secolo, caratterizzati dalla presenza di alcuni elementi architettonici peculiari. Il più riconoscibile è il “profferio”, una scala a una sola rampa, che si arrampica sulla facciata della casa e conduce a una piccola loggia priva di parapetto di fronte alla porta d’ingresso. Il profferio non solo collegava il piano terra – adibito a bottega – agli spazi abitativi veri e propri, ma serviva anche come difesa contro gli assalitori.

Tra le torri, le case-torri e le case-ponte, le dimore nobiliari, i loggiati e gli archi del quartiere spicca in particolare il Palazzo degli Alessandri, “salvato” dall’abbattimento da Papa Innocenzo IV. La stessa fortuna non ha avuto Palazzo Gatti, andato quasi del tutto distrutto durante le lotte di potere tra le famiglie della città.

La Cattedrale di San Lorenzo

A prima vista, la Cattedrale di San Lorenzo sembra avere poco da spartire con il centro storico di Viterbo: la facciata rinascimentale appare come una “anomalia” tra gli edifici medievali che circondano il duomo. Ma basta guardare il campanile per (ri)trovare il filo rosso che lega la grande chiesa e il resto del borgo. L’edificio – al pari della torre che svetta al suo fianco – ha una struttura romanica e lo stile originario resta visibile all’interno.

Il nucleo più antico risale al XII secolo. La cattedrale è stata costruita sopra una chiesa del VII-VIII secolo intitolata a San Lorenzo, la quale – a sua volta – è sorta su un tempio pagano dedicato a Ettore. L’intervento alla facciata è stato voluto dal cardinale Giovanni Francesco Gambara nel 1570 ed è stato seguito da altri rimaneggiamenti in epoca barocca.

Buona parte delle modifiche, tuttavia, non è più visibile. Il duomo ha subito gravi danni durante un bombardamento e il restauro successivo ha ripristinato – per quanto possibile – la struttura originaria. Tra i lavori eseguiti nel Seicento restano l’abside e il coro barocco, che però sono stati “isolati” con un muro.

La Cattedrale di San Lorenzo è stata teatro dell’incoronazione di otto papi e della scomunica di Corradino di Svevia e custodisce la tomba dello sfortunato Giovanni XXI. Nella chiesa è stato sepolto anche Alessandro IV, ma il luogo esatto dove riposano le spoglie mortali del papa che ha spostato la sede pontificia da Roma a Viterbo è sconosciuto.

La Macchina di Santa Rosa

La sera del 3 settembre, lungo le strade del centro storico di Viterbo, si svolge una processione molto particolare. Un centinaio di uomini vestiti in abiti tradizionali porta a spalle una “torre” alta 30 metri, tutta illuminata e sulla cui cima si trova una statua di Santa Rosa, patrona della città. Il gigantesco baldacchino prende il nome di “Macchina di Santa Rosa” e con la festa di cui è protagonista è Patrimonio Immateriale dell’Umanità UNESCO dal 2013.

La celebrazione commemora la traslazione delle spoglie della giovanissima terziaria francescana – avvenuta nel 1258 – dalla Chiesa di Santa Maria in Poggio al Santuario di Santa Rosa e mescola fede e folklore. La “macchina” si è evoluta nel corso dei secoli verso forme e materiali “tecnologici” e lo statuto attuale prevede che sia rinnovata ogni cinque anni tramite concorso. Alcune, però, sono state utilizzate più a lungo.

La processione segue un percorso prestabilito lungo poco più di un chilometro e a trasportare il monumentale simulacro sacro sono i cosiddetti “facchini di Santa Rosa”. I facchini hanno posti e compiti codificati – guadagnati in un “cursus honorum” – e vestono di bianco e di rosso in omaggio alla purezza di Santa Rosa e alle toghe dei cardinali che nel XIII secolo ne hanno traslato la salma.

Il Risveglio di John Seward Johnson II

Alle porte di Viterbo c’è un gigante che lotta nel tentativo di liberarsi dal terreno. L’enorme figura è una statua e la sua peculiarità è che non si tratta di una struttura unica, ma di un insieme di cinque parti posizionate ad hoc. Un piede, un ginocchio, una mano, un braccio e una testa barbuta con una smorfia di fatica evocano l’immagine di un (monumentale) uomo che cerca di emergere dal suolo.

L’opera si intitola The AwakeningIl Risveglio – e porta la firma dell’artista americano John Seward Johnson II. La statua è la copia di un’altra installazione realizzata dallo scultore e posizionata nel Maryland, dopo essere stata per molto tempo a Washington. Del gigante esiste un’ulteriore versione, collocata in Missouri.

La copia de Il Risveglio che si trova a Viterbo è arrivata in Italia nel 2009 e prima di essere posizionata nella città dei papi ha avuto altre due collocazioni. La prima a Ortigia, in piazza del duomo, in occasione del G8. La seconda a Roma, all’EUR, per celebrare i 20 anni della caduta del Muro di Berlino. Nel 2011, infine, il gigante di John Seward Johnson II è stato “montato” poco fuori dalle mura di Viterbo, nella cornice verde della Valle di Faul.

L’opera rappresenta “il risveglio dell’uomo e delle coscienze” ed è considerata una delle sculture più importanti e complesse dell’artista americano.

Villa Lante a Bagnaia

Villa Lante a Bagnaia – a una manciata di chilometri da Viterbo – si chiama così in omaggio a Ippolito Lante Montefeltro della Rovere, ma il Duca di Bomarzo non è colui che l’ha costruita. La residenza è sorta nel 1566 per volere del cardinale Giovanni Francesco Gambara. Almeno, una parte. La villa, infatti, si compone di due “casini”: uno è opera del porporato bresciano, l’altro è stato aggiunto trent’anni dopo dal cardinale Alessandro Peretti di Montalto.

Il progetto, però, viene attribuito per intero all’architetto Jacopo Barozzi, detto “il Vignola”. Quest’ultimo, con la consulenza del celebre paesaggista Pirro Ligorio, è anche l’ideatore del giardino all’italiana a sorpresa manieristico che impreziosisce la residenza. Ma gli straordinari giochi d’acqua che contribuiscono a fare dell’impianto uno dei più belli del Belpaese sono opera dello “specialista” Tommaso Ghinucci.

Gambara ha commissionato la villa al Barozzi mentre l’architetto lavorava al Palazzo Farnese della vicina Caprarola, ragione per cui sarebbe lecito attendersi delle “somiglianze” tra le due residenze. Invece, nonostante la vicinanza, il progetto praticamente contemporaneo e lo stile uguale, Villa Lante è un’opera completamente originale.

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